Come carte di caramelle

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Cosa ti resta da fare davanti ad un sistema criminale come quello mafioso camorristico, che, grazie alla capacità di muoversi tra lecito e illecito, di controllare il territorio ed eliminare la concorrenza è diventato “cuore pulsante del mercato?” (legale).  Cosa ti resta quando si è davanti ad un tipo di economia dove commerciare e vincere è elevato a principio di etica? Davanti ad un potere onnipervasivo e al contempo invisibile, cioè «che ha preso strade interne al vivente», al quale «puoi opporti e fare resistenza, ma ha già agito nei comportamenti?» (Adateoriafemminista).

Davanti ad accadimenti di questo tipo «troppo grandi per essere capiti fino in fondo»,  si può reagire ammettendo la propria impotenza, e delegando ai tecnici e ai magistrati la soluzione; ci si può appellare al «diritto di avere dei diritti», insistendo sul tono della rivendicazione che quando non si trasforma in scontro di piazza, o in uso delle armi da parte di singoli disperati «può abbassarsi fino a diventare invidia» (Simone Weil).  Oppure non resta che «inventare, immaginare altre possibilità, che comprendano di più le forme del nostro corpo e delle nostre idee».

Dire a se stesse: «Io sono viva. Sono io che voglio capire-sentire … con la mia anima inestesa ed il mio corpo esteso. Un corpo dalle forme dolci, che si muove, sente nello spazio e nel tempo, nell’oblio, nella memoria, nell’attesa, nell’anticipazione, nell’immaginazione , nella previsione».

Sono, queste ultime, alcune delle riflessioni di Lucia Mastrodomenico (1952-2007) cattolica del dissenso, fondatrice, oltre che della Mensa dei bambini proletari a Napoli (1973) da cui nasceranno il movimento dei disoccupati organizzati e quello femminista, anche della rivista Madrigale, della casa editrice Magistra, e nel 2006 insieme ad Angela Putino, della rivista online Adateoriafemminista. La prima che, insieme a Saviano, «volgerà verso il simbolico» il fenomeno mafioso camorristico che vede protagoniste sopratutto donne in posizioni di comando,  interpretandolo non solo come effetto della mancanza di lavoro o come «semplice strumento per arricchirsi, interpretazioni che lo annebbiano», ma come forma di riscatto per «vite che non valgono nulla».

Le riflessioni scritte tra l’87 e il 2007 in libri, riviste o ancora inedite,  sono state raccolte nel libro  Solo l’amore salva dall’associazione “Madrigale per Lucia-onlus” con una postfazione di Luce Irigaray.

Riflessioni che si rivelano attualissime, di una pensatrice che già nell’ ‘89 (in Conflitti) coglieva “il terribile rischio” che la grande ricchezza di elaborazione teorica e di pratiche prodotte dalle donne,  tradotte nel simbolico sociale possano venire «esposte ad un incessante svuotamento che si sottrae al nostro controllo». E nel 2003 (in Libertà nell’emancipazione) invitava  le donne che agiscono nelle istituzioni a non «diventare superflue nell’apparente presenza» perché «ciò che conta non è essere presenti con un corpo di donna, ma la traducibilità della propria differenza». Auspicando, di contro, «la necessità di una parola più aderente a se stessa che meno tradisca me stessa». Capace di mettere in parola «il rimosso che minaccia ogni progetto di lavoro, di ricerca, di politica, che crea la paura del vuoto ma che al contempo può capovolgersi in risorsa … e a cui dare un senso».

Una esortazione a «non esser donna precostituita dal sociale, dalle competenze, dallo stesso femminismo, dalle urgenze, dal dover essere ed esserci», che si traduce in un invito a mettere «al riparo la bellezza dall’aggressione di un desiderio non nostro», e a rivolgersi all’origine. Da intendersi anche come «percorsi spesso solitari ed estranei nei quali si ripresenta oggi il (mio) desiderio di politica»; o come «fare ritorno alle proprie radici … passeggiare vicino ai corsi d’acqua, ricordare filastrocche, attraversare villaggi e strade conosciute nell’infanzia» (Madrigale, 10, 1993).

Ma origine è sopratutto «la possibilità per ognuna di noi di una nudità  per vestirci di ciò che noi scegliamo per esserci»; è tornare a radicarsi nell’Intimo (1987) «cercando di trattenere tra le mani il significato originario del mondo»; è radicarsi nel corpo che «sa più di quello che io possa conoscere … ricorda cose che io non potrò mai ricordare». Rivelando, come Simone Weil in La persona e il sacro, il limite di una politica che esplicandosi esclusivamente nel sociale esclude la parte spirituale, i bisogni dell’anima.

Tutto questo è immaginare altre possibilità più vicine alle forme del nostro corpo «senza perdere mai di vista il godimento che c’è nel gioco del vivere».

E’ «tenere strette tra le dita come carte di caramelle consumate con avidità»,  bellezza, felicità, amore.

Amore che «solo riconoscendolo dentro di noi si dà lo spazio della sua azione».

Un invito a «portare al mondo una cultura dell’amore» che Luce Irigaray nella postfazione rilancia «più che tutte le parole semplicemente rivendicative» come necessità di «elaborare una cultura che sia realmente nostra temendo che molte donne oggi stanno allontanandosi da se stesse in nome di una cosiddetta liberazione che non è realmente loro e che non porta loro né reale crescita né felicità».

«Quello che ci paralizza in una infelicità senza scampo è la mancanza d’amore … E’ questa che determina la subordinazione al potere» scrive Lucia Mastrodomenico osservando con «dolore rinnovato senza possibilità di tregua» la sua bella Napoli dal «corpo largo» infestata dal male della camorra.

«Dobbiamo imparare ad amare, oggi, di nuovo, ancora. Imparare dal cuore che capisce e da cui la parola nasce. Non ci si salva dalla mancanza d’amore, e donne lo sanno, hanno molto pagato per questo».

Un prezzo è per esempio quello pagato da Grace la protagonista di Dogville di Lars von Trier, recensione inedita dell’autrice, posta a chiusura del libro. Privata di relazioni con altre donne, Grace, decidendo di fare distruggere Dogville,  che a sua volta ha distrutto lei, si vendicherà, imitando l’ordine mafioso del padre, uscendone all’apparenza vincitrice. In realtà distruggendo se stessa, la sua funzione di donna mediatrice, la propria forza, che è quella dell’amore, del nutrimento, di creare relazioni.

Lucia Mastrodomenico, Solo l’amore salva, Liguori, 2012,pp. 97,euro 11,99

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