Donne fatali, per nulla piccole

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Non c’era alternativa: che fosse tra gli austeri salottini sabaudi di Carolina Invernizio o tra i velluti di Gabriele D’Annunzio, tra le umide dimore di Iginio Ugo Tarchetti come pure tra i pizzi vittoriani e le piogge britanniche di Louisa May Alcott, le femmes fatales della Belle Epoque erano destinate a finir male. Che una fredda, disinibita e libera seduttrice potesse farla franca, tra spose devote e fidanzate vergini, non era neanche pensabile. Ma sognato sì. Fantasticato sì. Desiderato sì. E a desiderarlo non erano soltanto letterati e pittori maschi che, tra frustrazioni sessuali, deliri di potenza, malattie veneree e convenzioni sociali non sopportavano più la noia della morale perbenista. Ma erano soprattutto le donne: un manipolo di emancipate/ribelli/spavalde, per carità. Ma ben più numerose di quel che si possa pensare.

E tra loro c’era appunto la grande scrittrice statunitense Louisa May Alcott (1832-1888), che a noi hanno spacciato per la zuccherosa autrice di Piccole donne, Piccole donne crescono, Piccoli uomini e I figli di Jo. Ma che in realtà è stata soprattutto una lucida interprete dei fantasmi che agitavano la società nordamericana, soffocata da un puritanesimo decisamente ottuso, ma anche animata da grandi fermenti: Louisa fu un’abolizionista, una sostenitrice del suffragio universale e una femminista. Affermò senza tentennamenti: «Per molte di noi la libertà è compagna migliore di un marito». E non si sposò mai.

Nei suoi romanzi migliori (ovviamente da noi i meno noti) tira fuori una cattiveria irresistibile. Anche se, perfino lei, in V.V., storia di una ballerina francese che si finge ricca vedova per incastrare un damerino inglese, si costringe al trionfo finale dei gabbati e alla punizione della reproba. Ma Virginie, la protagonista, si conquista tutta la nostra solidarietà. E non soltanto perché la causa delle sue colpe è un amante protettivo ma troppo geloso che le fa fuori il maritino (un nobile inglese che ha perso la testa per lei, ma che non sarebbe mai riuscito a farla accettare in società). Ma perché il ritratto della società aristocratica in cui la povera Virginie si trova ad agire è così efficace da risultare disgustoso. Ironica ed efficace, Louise May Alcott, a parte qualche trovata improbabile, che una giallista anglosassone avrebbe dovuto saper meglio architettare, si rivela una testimone preziosa di un periodo tanto infelice quando fondamentale per le donne occidentali. E quindi ha davvero un gran merito la Robin a riproporne i romanzi meno noti, come ha già fatto con Dietro la maschera (2009).

Louisa May Alcott, V.V.Trappole e tradimenti, Lorena Paladino -Morgante, Robin Roma 2010, 141 pagine, 12,00 euro

Luoise May Alcott, Dietro la maschera, trduzione di Lorena Paladino-Morgante, Robin Roma 2009, 192 pagine, 12 eruro

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