Gentile “signor” Littizzetto,
questa volta l’hai detta grossa. Perdona il mio ardire, purtroppo le mie parole giungeranno solo a te. I media, che tanto male spesso fanno al senso comune, non ammettono contradditorio. Tuttavia mi auguro di farti riflettere e capire quale pessimo servizio tu abbia fatto a noi donne, con il tuo megafono che raggiunge tre milioni di spettatori.
Pensavamo, in molte, che con la tua sensibilità femminile potessi capire che il linguaggio è l’atto simbolico fondamentale che la cultura patriarcale ha inventato per nascondere, con un preteso neutro universale, l’esistenza del soggetto femminile. Ciò che non viene detto non esiste. E’ una verità inconfutabile. Quando dici i cittadini, gli studenti etc. non è affatto vero che intendi uomini e donne, le donne vengono nascoste da un millenario potere patriarcale che ha inventato il linguaggio a tal scopo. Ti sei chiesta come mai, per esempio, in un consesso in maggioranza femminile e con due o tre presenze maschili, non sia più giusto declinare al femminile? È un solo esempio per farti capire l’enormità del problema. Se dici il “comico torinese” Luciana Littizzetto, non è poco dignitoso oltre che spiacevole nascondere la tua intelligenza femminile sotto un titolo professionale maschile? Direi che è una offesa simbolica e materiale inqualificabile. Ecco perché quella libertà femminile, quell’uguaglianza nei diritti, quella dignità che non le renda oggetto di sfruttamento, che tu, in modo qualunquista, invochi, è legittimata, oggi, in modo indifferibile anche attraverso il linguaggio. Un linguaggio che onori la presenza, l’esistenza, la grandezza delle donne nella società. È grande una donna che diventa ministro, ma è ancora più grande se si identifica socialmente pronunciando il suo sesso. È così che si costruisce il senso comune, l’educazione alla “grandezza” femminile. È così che i nomi delle grandi scrittrici, scienziate, eroine troveranno, finalmente, il diritto di affollare la toponomastica delle nostre città; è così che cominceranno ad entrare nelle antologie, nei libri di storia. È così che si costruisce una società in cui uomini e donne abbiano eguale diritto d’esistenza, una società che parla di uomini e donne.
Dopo quanto detto, ti consiglierei di informarti con l’Accademia della Crusca che, a tal proposito, si è pronunciata con molta chiarezza. Con le molte Istituzioni pubbliche e private che da quel pronunciamento hanno tratto preziosi suggerimenti con direttive precise sull’uso del linguaggi di genere. Con le centinaia di giornaliste della rete GIULIA che sull’uso del linguaggio nei media fanno una diffusione capillare. Forse Fazio, che invita solo troppi uomini di pensiero e poche donne di “apparenza”, potrebbe invitare una delle tante studiose, giornaliste, politiche, a partire dalla presidente della Camera. Farebbe un buon servizio a questa società misogina e qualunquista.
Luciana Litizzetto, Che tempo che fa 29/3/2015
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