Ribelle a quindici anni

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“Ha comperato tulipani per il suo compleanno. Una giornata strana, che forse non era più il caso di festeggiare, eppure, pensò Giulia, almeno un mazzo di fiori me lo merito. Un po’ di tutti i colori, per ritrovare un momento di allegria. Per lei era un’abitudine quella dei fiori al compleanno, un rito, una sorta di segnale di sosta perché anche questo giorno non scivolasse via senza coglierne il senso, come sfugge un paesaggio dal finestrino di un treno in corsa”.

Così comincia Tulipani per il compleanno di Gloria Spessotto. Il 5 maggio, nella Sala degli Affreschi della Biblioteca Comunale, il gruppo di Trento della Società Italiana delle Letterate ha presentato il romanzo, con Laura Bertolotti in dialogo con l’Autrice, letture di Maddalena Primo, un commento di Giovanna Covi, e una bella conversazione dal pubblico.

Il romanzo offre uno sguardo sull’adolescenza, insieme spietato e nostalgico, e ci consegna una personaggia, Giulia, ribelle per forza nell’Italia degli anni Cinquanta, piena dell’incanto e disincanto dell’età spesso definita ingrata eppure qui presentata anche come esperienza di una «grandiosa capacità di sognare»:

“Quell’estate, oltre agli abiti adattati della mamma e le camicie che a Mauro non stavano più (uffa!), aveva avuto un vestito tutto suo di shantung celeste con la scollatura a barchetta, aveva messo le prime calze trasparenti e le scarpe col mezzo tacco […] Non sapeva ancora bene cosa sarebbe diventata. Stava procedendo in varie direzioni, procedeva per tentativi. La colpisce, di quegli anni, la sua ricerca anche esteriore[…]Sapeva bene di non essere bella, decisamente non c’era confronto con sua madre”

Giulia ha quindici anni, lavora nel bar del padre, va a scuola dalle suore e accudisce la madre, perennemente ammalata, legge avidamente e sogna. Il paese dove scorrazza in bicicletta è l’estensione della sua casa e della sua famiglia, lo conosce e lo ama nei suoi angoli più segreti. In un tempo lontanissimo dalle amicizie virtuali dei social network odierni, le sue amiche, Sandra, Miriam, Tullia e Giuliana, sono presenze reali e quotidiane nella scuola oppressiva delle religiose, che inculca sensi di colpa e veicola stereotipi sociali di classe e di genere.

Ma Giulia e le sue amiche riescono a divertirsi ugualmente, in una sorprendente fronda tra lo slalom dei divieti:

“È stato quello, un momento di sogni e di paure. Giorno dopo giorno Giulia sentiva sempre più crescere la dimensione interiore e si rifiutava di misurarsi su minuzie di poco conto. Come si poteva vivere solo di piccoli gesti, eseguire gli esercizi di latino, studiare la paginetta di storia, mangiare la cotoletta col puré? La vita e l’amore erano un’avventura impegnativa, e lei aveva bisogno di qualcuno che vedesse più lontano e le mostrasse come si fa, ma non voleva prediche, non accettava nulla per sentito dire, voleva capire da sola. Era pronta ad affrontare qualunque impresa, non le importava risparmiarsi”.

La narrazione ha un andamento rapsodico, si basa sui ricordi che affiorano casualmente, a partire da una notizia che raggiunge Giulia, ormai settantenne, nel giorno del suo compleanno e la riporta al tempo vissuto decenni prima, colorato dall’amore per Alberto. Lui è un uomo, con tutto il fascino della libertà che esprime il suo ruolo sociale maschile e il suo essere già adulto, mentre lei è ancora ragazzina. L’amore di Giulia per Alberto è un posto della mente e del cuore, lontano dagli occhi inquisitori della madre e dalle convenzioni sociali, un giardino segreto dove sono ammessi solo loro due:

“Giulia ricordava perfettamente la prima volta che si erano incontrati la sera tardi, lo ricordava perché c’era voluto coraggio a uscire di nascosto quando in casa credevano che stesse dormendo, ma soprattutto perché era stato allora che aveva visto davvero in faccia la notte. Prima, per lei, la notte era un luogo di solitudine e di paura. Un po’ come la morte. […] Lui l’aveva portata all’interno di quell’inchiostro translucido e i loro volti avevano cambiato colore.[…] La notte era sacra come un’immensa cattedrale”.

È anche un modo come un altro per marcare la distanza dai desideri e dalle aspettative di sua madre, sempre ipercritica nei suoi confronti, e sempre bisognosa di cure. Le unisce un rapporto conflittuale, in cui si intrecciano malattia e infelicità, che obbliga Giulia a dimettere i panni di figlia e prendersi cura della sua esigente madre. E l’amore per Alberto, sebbene privo di un progetto di vita, e senza alcuna visione su un possibile futuro, è pur sempre vita allo stato puro, nonché palestra di dolore e crescita. Un lungo addio, fatto di rari incontri, molti silenzi, ricordi e tristezza ne segna la fine, insieme all’età dei sogni. Più tardi però, basterà la notizia su un giornale per trafiggere l’indifferenza sedimentata negli anni e lasciare che prevagano gli affetti, ancora una volta, anche sulle abitudini che infondono sicurezza.

Tulipani per il compleanno è un romanzo breve, e un racconto breve è uno strumento di precisione, basta poco per rompere la magia in un’economia scarna. Spessotto tiene perfettamente l’equilibrio narrativo, ci porta accanto alla protagonista nonostante si tratti del racconto di poca cosa, una trama in cui niente può accadere perché lo sguardo è tutto dentro la memoria che raccoglie il passato come tulipani in un mazzo primaverile, e si capisce che poco può accadere anche a chi ricorda e narra, perché è una storia che non cede mai all’auto-analisi, anzi si apre a riflessioni esistenziali che riguardano tutte noi ed elevano la narrazione autobiografica a racconto filosofico. Infatti cattura l’attenzione non solo della generazione che con Giulia si può identificare ma anche si quella più giovane, di chi potrebbe esserle figlia e in lei riconosce le passioni e le difficoltà della propria madre.

Gloria Spessotto è nata a Portogruaro (VE) e vive nei Colli Euganei. Ha fatto l’interprete, l’albergatrice, l’insegnante di inglese. Da 35 anni collabora a Trento come operatrice culturale con il Centro di Camparta contro le Dipendenze, insieme a Sandro Travaglia, con il quale ha anche scritto la testimonianza della Comunità Ciò che gli angeli non sanno (1998), e i romanzi Chi è colui che ti cammina a fianco (2005) e Missing:Scomparso (2012), sempre a quattro mani, questa volta con Gabriella Imperatori, ha anche scritto Questa è la terra non ancora il cielo (1998), mentre è sola autrice, prima di questo, della raccolta di racconti Cinque ciliegie di marzapane (1994) e del romanzo Non era l’usignolo (2013).

Questo racconto esprime al meglio la sua maturità di scrittrice perché tratta gli affetti da un punto di vista sia sentimentale che intellettuale, il che consente anche la comunicazione tra generazioni divise dal passaggio storico culturale importante del femminismo, che Giulia non può incontrare nella sua adolescenza negli anni Cinquanta e perciò non può contare né sulla la forza dell’ideologia né l’appartenenza a una collettività per contrastare le ingiustizie che la soffocano in quanto donna.

Eppure Giulia riesce a diventare è una personaggia, una narratrice che assume un punto di vista femminile sulla realtà e che sa portare anche chi si sente femminista al proprio fianco, nonostante Giulia, che non poteva essere femminista a 17 anni, non lo diventi nemmeno a settanta. Ma chi lo è stata e lo è ancora le stringe volentieri la mano per viaggiare nel suo vissuto, perché il suo punto di vista sincero e non compromissorio mostra tutta la complessità di relazioni e politiche di genere elaborate in quasi mezzo secolo di teorie femministe. Anche se quella di Giulia non è un’elaborazione teorica consapevole rimane una visione completa, nella quale nulla è appiattito sulla semplificazione dei ruoli né su quella delle rivendicazioni: Giulia ci mostra quanto la famiglia patriarcale avesse bisogno di un’autorità paterna e di una materna, l’uno re nella piazza l’altra regina in casa, costretti a una segregazione che solo la trasgressione scalfisce permettendo alla figlia un rapporto affettivo sia con il padre adorato per tutta la sua predefinita superiorità e libertà, speculari a quelle di Alberto maschio bello e libero, sia con la madre disprezzata per tutta la sua predefinita subalternità e superiore canonica bellezza.

Uno schema in cui molte donne crescevano come Giulia con una coscienza di sé umiliata e sminuita, impossibile per loro essere libere come il padre o belle come la madre. Giulia a modo suo afferma che la parità raggiunta con l’emancipazione è monca, che il lavoro che ancora dobbiamo fare per ottenere un’equità sostanziale fra le differenze che compongono una società democratica consiste nella revisione radicale di ciò che si intende per maschile e femminile. Insomma che il lavoro richiesto è più che cambiare abiti, e gli abiti son un simbolo importante nel racconto.  È’ una rivoluzione che Giulia non ha forse fatto nella sua vita ma che ha certamente compiuto nella sua narrazione, capace di mostrare come le cose potrebbero essere altrimenti, come una ragazza potrebbe diventare donna pensandosi sia libera che bella.

Gloria Spessotto, Tulipani per il compleanno, Luciana Tufani Editrice, 2015

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