L'armonia delle sfere del cinghiale Cinghiarossa

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Unknown-49Quando Apperbohr, il coraggioso, temibile cinghiale Cinghiarossa, il protagonista del romanzo di Giordano Meacci Il cinghiale che uccise Liberty Vallante –  nella cinquina del premio Strega che sarà attribuito il prossimo 8 luglio –  capisce la prima parola degli Alti sulle Zampe, ovvero gli umani, varca la soglia di un mondo nuovo e inizia una rivoluzione che coinvolge uomini e cinghiali.

Apperborh, cinghiale capente e pensante, che ha questo nome – Apperbohr – tra i rvrrn, i cinghiali nel linguaggio dei cinghiali, ma Cinghiarossa nella lingua degli Alti sulle Zampe, travolge il paese immaginario di Corsignano, nel Senese, e i corsignanesi tutti, adulti e adolescenti, con le loro storie, le loro abitudini, i film mitici che vedono e rivedono, compreso quello che ispira il titolo del libro L’uomo che uccise Liberty Valance, (John Ford, 1962, con John Wayne e James Stewart). E la musica che ascoltano, i sogni, le aspirazioni e i fallimenti, gli incontri amorosi e ladreschi, i matrimoni e i funerali.

Incrociando i sentieri del bosco intorno a Corsignano questo terremoto porta con sé fantasmi del passato prossimo (la guerra e l’ultimo tedesco morto e sepolto lì) e del passato remoto: “il fantasma del rogo di Annina Bandini, detta Pallina, bruciata come strega e «donna del demonio affatturata e affatturante» il 13 novembre del 1786. Diciassette giorni prima che il Granduca Leopoldo, Signore illuminato di queste stesse terre che ora Apperbohr… percorre a balzelli e a corse dubbiose a bosco a bosco – diciassette giorni prima del decreto con cui uno Stato, per la prima volta in Europa, e quindi nel mondo, ratificava la fine della pena capitale.”

La scoperta del linguaggio altro (straniero, umano, filosofico) è spettacolo pirotecnico e insieme studio di antropo-zoo-filologia, che conduce Apperborh, cinghiale, alla scoperta dell’Universo e del tempo, del prima e del dopo, del vicino e del lontano, della bellezza e delle trappole della lingua e del pensiero. E alle stesse scoperte, agli stessi sbagli, conduce anche il lettore: “Tutto un errore; un grande – fraintendimento. Per trovare questa, di parola, ci ha messo un po’ di più… Lui grugnisce un’ultima volta controluna… Poi manovra una giravolta spossata… Respirando mgrrnh su mngrrnh pensierosi alla Via Lattea che lo contiene.” (p.225)

Partendo dall’epifania della parola, il lettore partecipa al sogno rivoluzionario di Apperborh, come al suo innamoramento e ai suoi dubbi: : “alle volte, come in questo momento, riesce difficile anche a lui trovare la parola giusta, alle volte gli sembra che qualcuno abbia cambiato le etichette delle parole (etichetta l’ha scoperta da poco, passando davanti al negozio dell’Alta sulle Zampe Rosalba, fioraia, a Corsignano). Alle volte gli sembra che esistano parole giuste dai significati sbagliati (la parola è significati)”.

Partecipa alla sua emozione profonda fino alle lacrime (lacrime deve essere la parola) davanti all’armonia delle sfere. Vorrebbe, Apperbohr, richiamare in vitatutti i rvrrn passati, e anonimi, che hanno corso i boschi tra Budo, e Corsignano…quando ancora non esistevano i nomi per chiamarli, e tutto era Bosco, e ancora gli Alti sulle Zampe non sapevano dare nomi, confondevano anche loro le etichette come le confonde ora Apperbohr…”. Davanti al sublime (sublime dovrebbe essere la parola), contemplando “le maree leviataniche” e “le lune di Giove”, “i fuochi ultravioletti dei Pilastri della Creazione, con le loro dita gassose che si muovono nei giardini della Nebulosa Aquila”, “Musica è la parola, si dice Apperbohr…” ascoltando la prima incisione di Glenn Gould, 1955, provenire dalla finestra di Andrea.

Il motore della narrazione è proprio nel contrasto esilarante tra il cinghialese degli rvrrn con i loro grugniti variamente decodificabili e il toscano parlato che Apperbohr impara. L’unica impermeabile alle contaminazioni dell’impeto cinghialesco sembra proprio la lingua degli Alti sulle Zampe, quella che vantando Dante, prima persona della laica trinità trecentesca, parlante tra i parlanti, continua il suo corso secolare. Se nel buio Apperborh sente l’urlo della civetta e l’immancabile imprecazione che lo accompagna – «madonna diddio a ‘sta ciovetta l’abbatto a roncolate com’è vera la corona d’i’ vvenerdì santo… »- quando poi scivola sul greto del torrente, a sua volta “grugnisce qualcosa che dovrebbe essere il corrispettivo dei rvrrn di madonnadiddìo – anche questa cosa: deve capire precisamente con chi parlino gli Alti sulle Zampe quando chiamano madonnadiddìo o il cristomorto che ti tiene in piedi…” (p. 193-4)

Le citazioni offrono solo un pallido esempio dell’avventura stupefacente del linguaggio a cui introduce la corsa sfrenata dell’eroico Apperborh, Cinghiarossa. E il suo fantasma accolga questa trascrizione del nome come ultimo omaggio.

 

Giordano Meacci, Il cinghiale che uccise Liberty Valance, Minimum Fax

 

 

 

 

 

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