Letture estive/1 Una Love story della mezza età

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È un caso letterario, L’amore non ha fine dell’irlandese Kathleen MacMahon. Alla Fiera del Libro di Londra, nel 2011, l’editore Little Brown si aggiudicò il suo libro per 684.000 sterline. Una cifra notevole, in tempi crisi, per il debutto di un’autrice di mezza età, giornalista della televisione. Il segreto? La più formidabile delle ricette: l’amore, tra crisi economica e i più bei paesaggi d’Irlanda.

Come mai ha scelto di scrivere un romanzo? Ha a che fare con sua nonna, l’importante scrittrice Mary Lavin?

«Desidero scrivere un romanzo da quando avevo dieci anni. Penso che il fatto che mia nonna fosse un’autrice così nota, e così stimata nei circoli letterari, mi abbia bloccato a lungo. Ho dovuto trovare la mia voce, superare tutte le paure del giudizio. In realtà, quando ho trovato subito un agente per il mio primo romanzo, che non è ancora stato pubblicato, mi sono spaventata. Ma quando con il secondo ha trovato un editore, ero proprio pronta».

Ha scelto argomenti impegnativi. Con molta grazia, lei scrive di amore e morte. È d’accordo?

«Certo, è senz’altro così. Preferirei dire che è un libro sull’importanza di vivere momento per momento, nel presente».

La sua protagonista, Addie, è un’appassionata nuotatrice. E lo scenario è incredibile. La spiaggia di Dublino, proprio sotto la Martello Tower, venerata da tutti gli appassionati di Joyce.

«Per me nuotare è una religione, proprio come per Addie. Mio padre ci .ha insegnato a nuotare fin da piccoli. In mare, nei canali, nei fiumi. Quello che adesso viene chiamato “wild swimming”. Nuotare più di qualunque altra cosa mi fa sentire viva, e lo volevo anche per Addie. La frenesia e la felcità che dà nuotare nel freddo mare irlandese».

Addie non sembra amare Joyce. Definisce l’ “Ulisse” una “roba da maschi”? Come mai questa irriverenza?

«Bruno, l’altro protagonista, è un americano di origini irlandesi, per la prima volta nel paese da cui è partito suo padre. Uno così interessato alle sue radici, ha sicuramente letto Joyce. E una volta a Dublino gli è molto presente che si trova nella città è il teatro delle vicende dell’ “Ulisse”. Addie invece non ci pensa mai, come molti irlandesi non lo ha mai letto, e lo liquida con quella battuta. Mi è sembrato molto appropriato per il suo personaggio, un elemento dell’estraneità dal posto in cui vive che la caratterizza, e che tanto colpisce Bruno».

Bruno e Addie sono proprio differenti. Lui va in cerca delle sue origini, lei sembra detestare tutto questo. È comune nel suo paese il fastidio nei confronti dei cugini americani che tornano alla terra natale?

«Certo c’è un fastidio diffuso per gli americani di origine irlandese che tornano in cerca delle loro radici. A me non sembra giusto. Bruno ha tutte le ragioni per tornare a vedere il luogo dove è cresciuto suo padre. Credo che Addie arrivi a comprenderlo, soprattutto come sia assurdo che lei non sappia niente della sua famiglia».

Un altro dei suoi personaggi, Della, la sorella di Addie, si definisce più volte una “lettrice”. Lei ha scelto di scrivere, chi è per lei chi legge?

«Insieme al nuotare, leggere è l’altra grande gioia solitaria della mia vita, qualcosa che nessuno ti può togliere. Come Della, sono stata una lettrice. Ero quel tipo di bambina che sta a letto a leggere per ore, che ignora quando la chiamano per il pranzo e la cena. Avrei voluto poter posare il libro solo quando la stanza diventava buia e mi accorgevo che era ora di accendere la luce».

Lei ha avuto uno straordinario anticipo per questo romanzo, tanto più notevole in tempi di crisi. Quale effetto le ha fatto? Le ha cambiato la vita?

«Il contratto, e le traduzioni in tante lingue diverse, sono stati veramente un grande atto di fiducia verso il mio libro. E questo è stato il primo impatto profondo su di me. E certo, mi ha cambiato la vita. Ora posso dedicarmi completamente alla scrittura. Ma anche solo l’orgoglio di mio padre sarebbe stato sufficiente. Lui va in libreria e alle persone che comprano il libro dice: Ehi, sono il padre».

La storia di amore ha come cornice l’attuale crisi economica. Bruno decide di partire dopo il crollo della banca in cui lavorava, la Lehmans Brother. Come mai questa scelta?

Sono una giornalista, mi piace scrivere nella realtà. E di questi tempi è difficile ignorare la crisi, che ci coinvolge tutti. Anche il mio nuovo romanzo è ambientato nel mondo contemporaneo, la primavera araba. Ma è soprattutto una storia su cosa succede quando mancano l’amore e la bellezza».

Katleen MacMahon, L’amore non ha fine Bompiani, 365 pagine, 18 euro

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