"I change but I cannot die", mostra personale di Elisabetta Di Maggio

PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail

Laura Bulian Gallery è lieta di annuciare la mostra personale dell’artista italiana Elisabetta Di Maggio I change but I cannot die, che si inaugura mercoledì 6 Febbraio 2013.

I change but I cannot die
, a cura di Francesca Pasini
Mercoledì 6 febbraio – Sabato 6 aprile 2013
Inaugurazione  Mercoledì 6 febbraio, ore 18.30
Sede   Laura Bulian Gallery – via Montevideo 11 Milano
Orari   dal martedì al sabato: 15.00-19.00
Ingresso  libero

LAURA BULIAN GALLERY
via Montevideo, 11
20123 Milano
Tel. + 39 02 48008983
www.laurabuliangallery.com
info@laurabuliangallery.com
Facebook: Laura BulianGallery

La scelta del titolo della mostra, I change but I cannot die, proveniente dalla lirica di Percy Bysshe Shelley, “The Cloud”, ha una intuitiva assonanza con l’idea dell’arte e in particolare con l’opera dell’artista.
Il cambiamento nelle sue opere proviene da un doppio processo, i materiali che usa mutano proprietà, mentre l’immagine cambia in base alla luce, al luogo, all’orientamento.
Nelle opere di Elisabetta Di Maggio la carta velina diventa una imprevista forza portante, le foglie assecondano il loro rinsecchimento,  ma non si sbriciolano, i saponi assumono una parentela con la cera usata nelle fusioni, la porcellana mantiene il traforo della carta che sparisce nella combustione del caolino.
In questa mostra ci sono due grandi traiettorie da un lato la trasposizione  della figura  nella composizione chirurgica dei suoi intagli; dall’altro l’interpretazione di figure che provengono dallo studio scientifico dell’ambiente naturale, come  il volo delle farfalle.
In “Tappezzeria, 2012”, metri e metri di carta velina intagliati, seguendo un pattern che ricorda i ricami  e la fluorescenza di un giardino selvatico, avvolgono a tutto tondo la parete-pilastro che unisce la prima e la seconda stanza della galleria. Ricordano il “fragile traliccio” (woof)  delle nuvole in cielo, di cui parla Shelley, ma nelle mani di Elisabetta Di Maggio diventa un vortice che si addensa tra le mura degli edifici, che tanto spesso racchiudono cambiamenti e immutabilità. Questa specie di bambagia, fa sparire il muro, al suo posto, strati di ricami uno sull’altro diventano una fantastica struttura portante, che trattiene la trama (traliccio) del magma quotidiano, delle sue ripetizioni e delle sue imprevedibili sorprese.
La relazione tra natura e fibra interna, reticolare, emerge in “Victoria, 2012”, tre grandi foglie di  ninfee della famiglia Victoria Regia. Tra le vene dorsali del loro corpo ( la loro materia è quasi una carne vegetale) Di Maggio interviene col bisturi, creando esili, ma decisivi sfondamenti d’aria. Una specie di alleanza di reciproca resistenza per dare forma alla fragilità come fonte di trasformazione e non di debolezza. Ancora un traliccio.
Recenti studi sui voli delle farfalle hanno  chiarito lo speciale movimento di questi insetti impollinatori. Quell’ andamento svagato che  attribuiva loro, e per metafora agli umani,  un’estrosa ed incalcolabile traiettoria tra un punto e l’altro, è in realtà legato alla struttura delle ali che trovano la loro estensione attraverso movimenti che non sono compatibili con una direzione lineare tra un punto e l’altro. La simbologia dell’aleatorietà legata a quest’insetto multiforme e multicolore, potrebbe essere in realtà  virata nella metafora del procedere dell’esperienza sentimentale e intellettuale, che raramente può sottovalutare le divergenze di rotta.
In “Traiettoria di volo di farfalla #05, 2012”, l’artista traduce il disegno di questo volo pluridirezionale, in una specie di bosco di spilli, che spunta da un pannello bianco, puro, astratto.  Pannello e spilli sono gli stessi che usano gli entomologi nella loro ricerca. L’andamento sinuoso ci fa venire in mente una selva, mentre il brillio degli spilli evidenzia il colore oro delle loro capocchie. C’è un che di fiabesco, ma anche di enigmatico. Avvince la bellezza di questo tragitto.
Le farfalle  sono un ponte tra le vite, impollinano, predispongono le nascite. C’è dunque qualcosa di molto forte nella somiglianza con gli umani, eppure sono insetti, eppure hanno un corpo diverso, eppure sono state spesso usate come sinonimo dell’eterno femminino.
A questo punto la mostra compie una diversione, il traliccio della realtà prende un’altra strada e un’altra visione, appare  nell’interrato della galleria una sua opera storica “Stupro, 2001” che interpreta un dramma tuttora attuale. La ripetizione dei gesti che compongono le figure di ogni lavoro di Elisabetta Di Maggio, si allea con quella di una violenza che non mostra stanchezza nella propria ripetizione. Alcune decine di saponi da bucato di marca Sole sono accostati gli uni agli altri come in un puzzle, su alcuni Di Maggio ha inciso i nomi dei liquidi che si liberano durante uno stupro: Saliva, Sangue, Sudore, Sperma, Urina, Lacrime. Ad ognuno si alterna quello  con la parola Sole della marca del sapone.
Quale sapone può lavare questo evento, quale rimozione è possibile? Nessuna. La materia che pulendo la pelle, dovrebbe ripulire l’anima,  non esiste. Mentre, l’incisione con il bisturi è quasi didascalica.
Di Maggio ha realizzato questo lavoro nel 2001, lo ripresenta oggi, circa  due mesi dopo lo stupro che ha incendiato le piazze in India, ma quanti sono quelli che restano nascosti? Quanti voli di farfalle  le donne dovranno compiere  perché possano muoversi senza subire la linearità sesso-violenza? Di Maggio ha inserito questo monito all’interno di un verso preso in prestito, Cambio, ma non posso morire. Se, invece che alle nuvole, lo applichiamo alle esperienze emotive, storiche, cultuali degli umani, dobbiamo munirci di un bisturi per estirpare chirurgicamente il negativo dall’opposizione pace/guerra, amore/violenza, ricchezza/povertà. Anche noi, come le farfalle, ci muoviamo in modo complesso, contraddittorio.  Non si possono, quindi, fare tagli netti, grossolani. Bisogna scavare al proprio interno, capire dove  e quando incidere, come far spazio all’aria per respirare in un altro modo.

Francesca Pasini

Elisabetta Di Maggio nasce a Milano nel 1964. Vive e lavora a Venezia
Selezione principali mostre dal 2005:
2012: Dis-Nascere, a cura di Angela Vettese, Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venice, Italy;
2011: Officina Italia 2 nuova creatività italiana, a cura di Renato Barilli, Sala del Baraccano Bologna, ALT Arte Contemporanea Bergamo, Italy; 2010:
Terre Vulnerabili, a cura di Chiara Bertola e Andrea Lissoni, Hangar Bicocca, Milan, Italy; Cosa fa la mia anima mentre sto lavorando, a cura di Francesca Pasini e Angela Vettese, Museo MAGA Gallarate, Milan, Italy;
2009: Hopes and Doubts, a cura di Costantino D’Orazio, the  Dome Martyrs Sqare Beirut and Fondazione Merz Torino, Italy;
2008: XV Quadriennale d’ Arte  Palazzo delle Esposizioni Roma, Rome, Italy;
2007: Space for your future, a cura di Yuko Hasegawa , MOT museum of contemporary art, Tokyo, Japan; Apocalittici e integrati. Ventiquattro artisti italiani, curated by Paolo Colombo, MAXXI, Rome, Italy;
2006: Opere in giardino, a cura di Francesca Pasini, Fondazione Remotti, Santa Margherita Ligure;
Il potere delle donne, a cura di Luca Beatrice,  Caroline Bourgeois, Francesca Pasini, Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento, Italy;
2005: Elisabetta Di Maggio, Viafarini, Milan, Italy, a cura di F. Pasini;
Aperto per lavori in corso, a cura di Francesca Pasini, PAC Milan, Italy;
Donna Donne, a cura di Adelina von Furstemberg, Palazzo Strozzi, Florence, Italy;
Trasparenz, a cura di Agnes Kohlmayer, Frauen Museum, Bonn, Germany;
Femme(s), a cura di Adelina von Furstenberg, Musee de Carouge, Geneve, Swizerlan

PUOI SEGUIRE LA SIL SU: FacebooktwitteryoutubeFacebooktwitteryoutube
PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail
Categorie