Il suono dei fiordi. Intervista a Benedicte Maurseth

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Suonatrice di Hardanger fiddle (violino tradizionale norvegese) e cantante, Benedicte Maurseth ha un ruolo importante nella scena della musica folk norvegese. Nata il 7 febbraio 1983, a Eidfjord, nel bellissimo fiordo Hardanger, nella regione ovest della Norvegia, inizia i suoi studi del Hardanger Fiddle all’età di 8 anni, nel prestigioso Ole Bull Academy for Norwegian Folk Music, allieva del virtuoso Knut Hamre. Parallelamente al suo percorso da solista collabora con altri musicisti, sperimenta diversi generi musicali, scrive musica per il teatro e innesca sinergie con attori e autori.
A partire dal 2005 ha un’intensa attività concertistica nazionale ed internazionale (in USA, Canada, India, Tyskland, Belgio e Islanda), sia come solista che in progetti di collaborazione. Dopo alcune esperienze in ambito teatrale e performativo, nel 2010, arriva al suo primo album da solista, Alde. Se inizialmente aveva registrato esclusivamente temi tradizionali, in Alde Maurseth intraprende la strada più rischiosa, registrando esclusivamente materiali di propria composizione, manifestando una spiccata individualità e una personalità estremamente originale.

Con questo lavoro porta l’Hardanger fiddle nel nuovo millennio, rinnovando la tradizione ed apportando un forte contributo personale alle sonorità dello strumento. Maurseth si distingue per l’utilizzo di strumenti di epoca barocca, incluso un Hardanger Fiddle del diciottesimo secolo, con corde di budello e archetti autentici dell’epoca. L’Hardangerfele, violino dell’Hardanger, è lo strumento musicale più utilizzato nella musica popolare norvegese. Deriva con buona probabilità dalla viola d’amore o dal violino italiano, dal quale si differenzia per avere una cassa di risonanza diversa e un ponte meno arcuato, elemento che facilità un’esecuzione ‘accordale’ (il musicista utilizza il più delle volte i bicordi, in prima posizione, per ottenere dei bordoni). Altro elemento di differenziazione sono le 4 o 5 corde di risonanza, che sono di solito accordate in funzione della differenti tonalità dei brani eseguiti. L’Hardangerfele si suona solo in Norvegia, soprattutto nelle zone sud-ovest, con la massima concentrazione del fiordo di Hardanger. L’esemplare più antico risale al 1651. Il violino, generalmente decorato con bellissimi intarsi, motivi floreali, spesso ha un chiavistello che termina con una testa di leone o di drago e la tastiera, quasi piatta, presenta decorazioni in madreperla. Inizialmente veniva considerato uno strumento diabolico: nella leggenda popolare si pensava che chi lo suonava potesse impazzire. Non a caso, verso la metà del XIX secolo, molti hardanger vennero distrutti: essendo lo strumento più utilizzato per l’accompagnamento delle danze popolari nelle feste pagane, si pensava fosse opera del diavolo.
Attualmente Benedicte Maurseth è considerata tra le maggiori virtuose di questo strumento ed ambasciatrice della musica tradizionale norvegese in tutto il mondo. Negli ultimi anni Maurseth ha esteso il suo lavoro al repertorio tradizionale vocale (kveding). Il suo ultimo lavoro, Over Tones (2014), ha segnato la sua definitiva consacrazione a livello internazionale.

Benedicte Maurseth sarà ospite della XVIII Edizione del Festival internazionale Isole che Parlano di Palau (OT), evento in cui terrà degli spettacoli nelle suggestive coste del nord Sardegna. Per l’occasione l’abbiamo raggiunta con alcune domande.

 

So che passi tanto tempo a contatto con la natura, immergendo il suono del tuo strumento nel silenzio dei fiordi della tua terra. Pensi che nel mondo attuale sia importante preservare questa relazione?

Gli esseri umani sono così diversi e con esigenze diverse. Quindi posso parlare solo per me. Ho bisogno del silenzio, così la mia mente può non «parlare» per tutto il tempo. Quando mi trovo in un posto che definirei caotico, colmo di diverse impressioni, diviene maggiormente difficile per me liberare la mente e concentrarmi profondamente sul mio modo di suonare. Mi piace anche l’energia che una città ti dà, ma in questi giorni, quando molti di noi viaggiano molto e abbiamo così tante possibilità comunicative, penso che sia forse più importante che mai godere dello stare da soli vicino alla natura. Soprattutto per l’artista; Penso che il bisogno di stare da soli, di tanto in tanto, possa far uscire fuori maggiormente la propria vena artistica.

Come appare il mediterraneo e la sua cultura secolare visto dagli occhi di una musicista del nord Europa?

Non ho una profonda conoscenza dell’arte e della cultura, tranne per il fatto di aver studiato storia dell’arte per un anno, all’università, qualche anno fa. Certo l’arte, la scultura e l’architettura italiana è costantemente menzionata e si tengono numerose lezioni su di esse. Dopo aver studiato questa arte, sia nei libri e visitando l’Italia, mi stupisce questa così grande necessità di creare, secolo dopo secolo. E la mia impressione è che si tratta di una cultura molto orgogliosa. Non c’è da stupirsi con la storia delle culture e l’eccellenza in arte, musica, cibo e vino. Per me l’arte è parte della vita quotidiana e quindi una delle più alte priorità nella vita. Che è molto diversa in Norvegia. In generale, qui, ci piace la natura più che l’arte.

Ti affascina di più la libertà popolare del suonare su un bordone oppure la complessità delle armonie della musica colta?

Mi piacciono entrambi. E ho bisogno di entrambi. Ma non ho bisogno di arte o di musica complessa per arrivare a me. Più elegantemente sono nascoste e più le armonie sono complesse. Così che posso ascoltarla e guardarla non necessariamente con gli occhi da intellettuale. E lo preferisco perché il mio cuore può rimanere maggiormente aperto sulle emozioni.

Quando hai iniziato a suonare l’Hardanger e quanto è importante la tua origine per giustificare questa scelta?

Ho iniziato a suonare il violino di Hardanger quando avevo 8 anni. E’ stata solo una coincidenza; Avevo diversi strumenti da scegliere, segnati su un foglio tornando a casa dalla scuola di musica. E ho fatto un segno su «Hardanger violino» per caso. Ma sono stata molto fortunata, perché sono cresciuta dove lo strumento originale è nato nel 17° secolo. Quindi ho avuto uno dei migliori insegnanti in Norvegia dal primo giorno; Knut Hamre. Sto ancora imparando molto dal mio maestro, ora dopo 25 anni. Se fossi cresciuta in una città, probabilmente non avrei avuto la possibilità di imparare da qualcuno che conosceva una tradizione profondamente radicata e nei luoghi in cui lo strumento è stato suonato e curato per centinaia di anni. Questo percorso di crescita è stato molto importante per la mia identità, sia come donna che come musicista. Mi sento onorata sapendo di suonare melodie che la gente del 18 ° secolo ha suonato prima di me.

Quali sono i tuoi sentimenti e le tue aspettative su questa esperienza qui in Sardegna?
Spero davvero che il pubblico potrà godere della musica tradizionale norvegese! E, naturalmente, non vedo l’ora di ascoltare altri musicisti, e soprattutto ascoltare la musica tradizionale italiana. Non sono una grande conoscitrice di questa tipologia di musica, quindi sono impaziente di conoscerla. Ovviamente poi conosco la Sardegna come un paradiso estivo! Quindi spero di arrivare a fare un bel bagno in quello splendidi mare! E bere un buon bicchiere di vino italiano.

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La prima performance di Benedicte Maurseth si terrà al Festival Isole che Parlano oggi, giovedì 11 settembre. Ne seguiranno altre.

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(si ringraziano per la collaborazione Nanni e Paolo Angeli e l’ufficio stampa del Festival)

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Ascolta l’esecuzione di Benedicte Maurseth insieme a Åsne Valland Nordli

Guarda il programma completo del Festival Isole che Parlano

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