«L’azione che oggi può influire sulla rinascita della scuola non può limitarsi alla elaborazione di teorie e sistemi: deve essere un’azione politica che spinga la nostra società a realizzare una scuola che abbia le carte in regola: edifici, attrezzature, insegnanti sufficienti e quella serie di provvidenze che ne garantisca il funzionamento regolare, un’azione politica che sia capace di rimuovere i secolari ostacoli che impediscono lo sviluppo di una cultura razionale, la formazione di coscienze libere, critiche, aperte al dubbio e alla verità». Non mancano certo di attualità le parole scritte quasi sessant’anni fa da Dina Bertoni Jovine a conclusione del saggio che ripercorreva la storia della scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri.
Alla studiosa che fu anche insegnante e pedagogista ha dedicato un breve saggio Edoardo Puglielli, storico e docente di filosofia nei licei. Il volumetto, Pedagogia e politica in Dina Bertoni Jovine, è stato pubblicato per iniziativa dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Patini-Liberatore” di Castel di Sangro e ha la prefazione della dirigente Cinzia D’Altorio, che di Bertoni Jovine ricorda l’idea di scuola come palestra di cittadinanza, come luogo capace di favorire la crescita di personalità democratiche. Lo studio di Puglielli si concentra soprattutto sugli aspetti pedagogico-politici del pensiero dell’intellettuale laziale, storicamente contestualizzati in un periodo cruciale della nostra storia nazionale: la transizione dal regime fascista alla repubblica democratica.
Qual è il sistema scolastico idoneo ad un paese che, con molte sofferenze, molti lutti e molto coraggio, ha finalmente conquistato la democrazia ed una carta costituzionale tra le più avanzate d’Europa? Come si realizza il diritto universale all’istruzione? Come la scuola deve contribuire a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»? Come – in breve – la scuola può formare il futuro cittadino capace di contribuire ad una vera democratizzazione del paese? Erano queste le domande alle quali cercava di dare risposte Bertoni Jovine, aspetti di un pensiero che Puglielli ricostruisce attraverso un’analisi dei documenti del dibattito politico, scolastico e pedagogico dell’epoca. E si tratta, a guardar bene, di questioni sempre attuali, perché riguardano il delicato rapporto tra democrazia e istruzione, tra educazione e progresso economico e sociale. «L’educatore», sosteneva la pedagogista, «deve configurarsi le prospettive future non soltanto sulla base delle trasformazioni sul lavoro, dello sviluppo delle tecniche, delle conquiste scientifiche, ma anche sulla base del progresso democratico».
Bertoni Jovine (1898-1970), moglie dello scrittore e saggista molisano Francesco Jovine, è una figura molto importante nella storia della cultura del nostro paese. Maestra elementare, direttrice didattica e infine docente universitaria, la Bertoni Jovine fu anche storica dell’Italia moderna e contemporanea e storica della filosofia, della pedagogia e delle istituzioni scolastiche. E non solo. Fu anche un’originale interprete del pensiero di Antonio Gramsci, nonché dirigente del partito comunista e collaboratrice delle più importanti riviste scolastiche e pedagogiche del suo tempo («Riforma della Scuola», «Educazione Democratica», «Il Giornale dei Genitori», «Scuola e Città», «Belfagor», «I problemi della pedagogia», etc.).
Edoardo Puglielli, Pedagogia e politica in Dina Bertoni Jovine (Neo Edizioni, Castel di Sangro 2014, pp. 93)
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