Sconfinamenti. Confini, passaggi, soglie nella scrittura delle donne, a cura di Adriana Chemello e Gabriella Musetti (Il ramo d’oro editore, 2008)
Atti del VI Convegno SIL (Trieste 2006)
Parlare di “confini” e di “frontiere” significa riferirsi sia a territori reali, rappresentati nelle mappe geopolitiche dei continenti, sia ai molteplici significati simbolici e alle diverse figurazioni elaborate da soggetti che nell’attraversare i confini sono stati segnati interiormente da perdite, sottrazioni, lacerazioni, esperienze interiori spesso dolorose. La vita di ogni essere umano è un attraversamento più o meno consapevole di “confini”: i passaggi delle età, le esperienze fondanti a livello emotivo, psicologico e sessuale, i percorsi della bildung, le soglie culturali, i mutamenti sociali, politici e civili, il confronto con la morte. Partendo dai significati plurimi che connotano oggi la parola “confine”, e dalle figurazioni che essa ha generato il VI Convegno Nazionale della Società Italiana delle Letterate ha esplorato, attraverso molteplici esperienze di vita, di culture, di territori “di frontiera”, le mappe delle soggettività «migranti», le loro performances narrative, il loro collocarsi su «confini fluttuanti» anche nelle narrazioni e nelle scritture che ne hanno fatto le donne. Con la consapevolezza, come ha magistralmente insegnato Maria Zambrano, che anche l’esperienza dell’esilio può acquisire «una dimensione straordinaria di vita, di pensiero, di visione». Il VI Convegno Nazionale della Società Italiana delle Letterate ha cercato di tematizzare tutti questi fenomeni, in una città che per collocazione geo-politica è stata considerata «di frontiera» negli anni della guerra fredda e che ora, dopo la recente riconfigurazione della fisionomia geografica e politica dei Balcani e l’ampliamento dell’Unione Europea è un laboratorio privilegiato per un confronto tra Est e Ovest. Nelle relazioni di scenario e negli approfondimenti dei numerosi workshops, inseguendo le narrazioni e le figurazioni di scritture di donne con esperienze di “soglie” geografiche, politiche, linguistiche, corporee nel territorio della letteratura si sono proposte situazioni di transito e di attraversamento, a partire da una questione primaria, quella della lingua. Un mese di manifestazioni, eventi culturali, spettacoli, incontri e dibattiti connessi al tema, ha fatto da cornice, in diversi luoghi della regione, al convegno. Anche di queste manifestazioni si dà conto nel presente volume. Se i confini possono essere pensati come un limite o una soglia, qual è, e soprattutto, come avviene l’esperienza dell’attraversamento? L’esperienza femminile del passaggio di confine o di soglia può essere raccontata, letta, interpretata, vissuta, in modi diversi, attraverso molteplici chiavi di lettura e pratiche di relazione. Quando si attraversa un confine si va verso l’ignoto, con tutte le possibili declinazioni di ansia, paura, ma anche con senso di avventura, desiderio di scoperta, gioia di intrapresa e di proiezione verso l’incognito. Ma il confine può segnare un territorio già conosciuto, nel quale si entra con nuova consapevolezza e scelta, o un esilio, un distacco, un allontanamento necessario, una privazione, un abbandono. È l’atteggiamento mentale e la presa di coscienza di compiere un attraversamento che cambiano la prospettiva e danno nuove dimensioni all’esperienza. Ogni territorio può essere osservato da molteplici angolature e anche la non appartenenza, la transizione continua, il nomadismo o l’essere “senza luogo”, sono figure contemporanee nelle quali le donne si riconoscono o riconoscono parti del proprio cammino. Transizioni tra mondi, culture, lingue, classi, generi. Si sono messi in rilievo nodi particolarmente scottanti, di cui si dà conto nella prima parte di questo volume, mentre nella seconda e nella terza parte si lanciano diverse provocazioni, esplorando altrettante possibili espansioni delle tematiche al centro del convegno. Punto di partenza delle analisi e luogo di confronto su cui misurare le osservazioni è stata la letteratura: vero spazio di relazione, riflessione, libertà e azione politica agito, da tempo, dalle donne. Proprio la letteratura capace di essere, di volta in volta, testimonianza, denuncia, rappresentazione, luogo di conforto, analisi, confronto, ricomposizione, esperienza intima. Una letteratura da interpellare per rinvenire sempre nuove cartografie, per ritrovarvi inediti percorsi di senso, per formulare domande che, pur nelle lacerazioni che contraddistinguono l’inizio del terzo millennio, siano in grado di indicare passaggi, costruire ponti e relazioni di pace. Da tempo la Società Italiana delle Letterate ritiene che la letteratura sia un campo da interpellare con attenzione e amore per declinare le urgenze del presente: che vuol dire riconoscerne appieno un ruolo politico, una presa in carica dei cambiamenti possibili. Un luogo dove costruire pratiche di pace, di trasformazione del mondo a partire dalle singolari capacità di azione e relazione. Una domanda attraversa con insistenza le pratiche di lettura e di scrittura: «Quanto, e a quali condizioni, la letteratura può essere portatrice e operatrice di invenzioni, di pratiche di pace, di esercizi di trasformazione e di orientamento per costruire, mentre lo si immagina, un mondo diverso?» Anna Maria Ortese parla in proposito di «aggiunta e mutamento», mentre in anni a noi più vicini, Azar Nafisi con il suo Leggere Lolita a Teheran, racconta una situazione in cui la pratica di parola si fa pratica di relazione e diventa la leva per salvarsi dalla morte civile. Le narrazioni e la possibilità di raccontare / raccontarsi, consentono di affermare e riaffermare la vita nonostante la sua precarietà, la sua quotidiana instabilità (soprattutto nei luoghi di conflitto). Nel contempo ricorda di «non sminuire mai, in nessuna circostanza, un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità». Il molteplice materiale prodotto ed elaborato è presentato in tre Sezioni dedicate rispettivamente alle sessioni plenarie, al lavoro svolto nei workshops, agli eventi collaterali precedenti e successivi al convegno. La prima sezione del volume riporta gli eventi delle sedute plenarie, dando voce a donne che con modalità ed esiti diversi hanno abitato e/o attraversato molteplici confini. Lo spazio della ex-Jugoslavia, i conflitti dei Balcani, quello del Libano e quello tra Israeliani e Palestinesi, abitano le parole di Jozefina Dautbegovi?, poeta di Sarajevo, di Svetlana Slapšak, intellettuale femminista di Belgrado, di Hoda Barakat, scrittrice libanese, di Manuela Dviri, scrittrice che vive a Tel Aviv, di Monica Bulaj, fotografa, antropologa di Varsavia. Alle conversazioni si affiancano le relazioni di Cristina Benussi, Anna Maria Crispino e Rita Calabrese. Una video intervista inedita a Elfriede Jelinek, viennese slava ebrea – come si definisce lei stessa – premio Nobel per la Letteratura 2004, condotta magistralmente da Renata Caruzzi, completa questo giro d’orizzonte, incentrando l’attenzione sul rapporto donne-scrittura a partire dalla questione linguistica intrecciata alla faticosa costruzione della propria soggettività. Nella seconda sezione, si offre alle lettrici e ai lettori un resoconto fedele, pur nella esiguità dello spazio disponibile, delle questioni e delle interlocuzioni emerse dalla partecipazione vivace e coinvolta ai workshops che si sono alternati con le sessioni plenarie.
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