Interviste/ L'arte di osservare di Jennifer Egan

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«Forse è proprio a Roma che ho preso la decisione di scrivere», mi racconta Jennifer Egan, scrittrice di culto statunitense, il cui ultimo libro pubblicato in italiano è Guardami, dedicato all’ossessione dell’immagine. Egan, vincitrice del premio Pulitzer nel 2011 con Il tempo è un bastardo, affascinante narrazione sperimentale godibile da tutti, era nella capitale per il Festival delle letterature. «Avevo 18 anni» continua «ho viaggiato in Europa per un anno con un biglietto InterRail. Prima avevo pensato di fare il medico, poi in viaggio, da sola, isolata dalla famiglia e dagli amici, allora non c’erano telefonini, ho fatto questa scelta di vita».

“Guardami” in Italia l’abbiamo letto dopo, in realtà è uscito nel 2002, ma lei l’ha scritto prima dell’11 settembre. Eppure descrive il mondo di oggi, iperconnesso, i social media, oltre lo stesso terrorismo. Si è sentita un po’ profeta?

«Osservavo molto, semplicemente seguivo la logica di quel momento. Ho cominciato a scrivere nel 1996, non ero mai stata su internet. Ricordo che in certi momenti ho pensato che mi rubassero le idee. Nel libro inventavo certe soluzioni, e la realtà correva più veloce. Volevo divertirmi. Anche lo stesso episodio di terrorismo era pensato in chiave di satira sopra le righe. Oggi non è possibile fare satira, il tempo va molto veloce».

Ecco, il tempo. Lei ha detto più volte che a ispirarla per “Il tempo è un bastardo” è stato Marcel Proust ma anche i “Soprano”. Ci può spiegare questo strano accostamento?

«Ho sempre desiderato scrivere del tempo, come fa Proust in “La ricerca del tempo perduto”. Ma volevo scriverne in una forma contemporanea. Il serial tv dei Soprano in fondo ricorda il romanzo dell’Ottocento, quelli che si scrivevano a puntate. In ogni puntata ricorrono i personaggi e alcuni fatti, ma ci sono anche molti particolari, divagazioni, episodi che si concludono. Mi hanno ispirato per il mio libro, che è composto di tante storie diverse»

Al centro di questo romanzo c’è la scena musicale della fine anni settanta. Lei è un’esperta di musica? È insolito, per una ragazza

«Ah, ecco perché alle tavole rotonde dove mi invitano, parlano sempre gli altri, tutti maschi, tutti fissati per il rock, il pop e tutto il resto. E io faccio scena muta, e così confermo lo stereotipo. La musica mi piace, certo, ma non sono fanatica. Soprattutto ho intuito che quell’ambiente andava bene, per quella storia che volevo raccontare».

E il mondo della moda, le interessa ancora?

«No, Dopo che ho finito “Guardami”, ho proprio smesso di occuparmene. Non so più nulla della moda, dello star system delle modelle. Me ne sono occupata allora, quando ho scritto il libro

E le tecnologie le piacciono? Sembrerebbe di sì. Nella scrittura le usa molto. Ha scritto anche un racconto tweet dopo tweet

«Il racconto si intitola “Scatola nera”, e sì, mi è piaciuto scriverlo. Eppure io nella vita, da consumatrice, sono molto sospettosa nei confronti delle tecnologie, molto riluttante. È un bel paradosso. Perché invece sono convinta che proprio quelle tecnologie abbiano grandi potenzialità per la scrittura»

C’è un nuovo libro in vista?

«Si, e sta prendendo una forma che quasi mi preoccupa. Molto, molto convenzionale. Sarà il “compagno” di “il tempo è un gran bastardo”. Ho già stabilito che non si parla mai di musica. Non voglio scrivere le stesse cose, ogni libro deve essere diverso».

Jennifer Egan:

Guardami, traduzione di Matteo Colombo e Martina Testa, MinimumFax Roma 2012, 588 pagine, 18 euro

Il tempo è un bastardo, traduzione di Matteo Colombo, MinimumFax, Roma 2011, 391 pagina, 18 euro

Scatola nera, traduzione di Matteo Colombo, e-book, MinimumFax  Roma 2012, 1,99 euro,

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