Pubblicato originariamente nel 2009 nella versione in inglese con il titolo Teaching Subjectivity. Travelling Selves for Feminist Pedagogy, il bel volume Soggetti Itineranti: Donne alla ricerca di Sé è finalmente disponibile anche in traduzione italiana.
Il libro nasce dal lavoro di ricerca effettuato all’interno della Rete Tematica Europea sugli Studi delle Donne Athena, Gruppo Travelling Concepts, e riflette la varietà di provenienza e le diverse esperienze di vita e di lavoro delle autrici che qui si interrogano, da una prospettiva autobiografica e di genere, sul concetto di soggettività.
Il volume è diviso in due parti: la prima raccoglie un gruppo di saggi più squisitamente teorici ed autobiografici scritti da Elena Pulcini, Linda Lund Pedersen e Eva Skærbæk; la seconda intreccia l’esperienza di vissuta delle autrici con letture di scrittrici migranti o “marginali,” come le monache portoghesi del XVII e XVIII secolo di cui si occupa Anabela Galhardo Couto nel suo articolo. Fanno parte di questa sezione, oltre alla già citata Galhardo Couto, i contributi di Biljana Kašic, Melita Richter Malabotta e Silvia Caporale Bizzini.
Situandosi in un filone ben preciso della teoria femminista contemporanea (Butler, Braidotti, De Lauretis), le autrici di questo volume ci presentano una pluralità di soggetti eccentrici, erranti, relazionali, che vivono sulla propria pelle gli effetti di un’età e di un mondo globali in perenne trasformazione e dunque costantemente alle prese con forme di “contaminazione” (Pulcini). Come ben ci dimostra Pederson, un Sé relazionale è un essere che dipende da altre soggettività ed è esposto a relazioni affettive che minacciano il suo benessere oppure contribuiscono al suo fiorire. Nel suo saggio, Skærbæk ritorna su questo punto, riflettendo in particolare sul legame tra personale e politico e sulla relazione tra scrittura ed etica; per Skærbæk, la vita quotidiana è la base da cui partire per immaginare un politico diverso, più attento e inclusivo dell’Altro. Kašic invece parte dalla propria posizione ed esperienza di donna femminista e croata per riflettere sul significato di concetti teorico-pratici quali confine, sconfinamento, attraversamento, dislocamento, ma anche su esperienze di vita vissuta quali la perdita, il lutto, la nostalgia. Anche Richter ripercorre la propria esperienza migratoria intrattenendo un dialogo immaginario con Eva Hoffman, autrice polacca che ha attraversato il divario est/ovest alla ricerca costante di uno spazio terzo privo di rigide demarcazioni. Caporale-Bizzini infine si mette in ascolto di donne italo-canadesi contemporanee che narrano nei loro testi i dilemmi identitari di chi ha abbandonato il proprio Paese ed ha dovuto mettere nuove radici altrove, mentre Galhardo Couto rilegge i testi di monache portoghesi del ‘600-‘700 che hanno saputo varcare i confini del convento dando vita ad una scrittura sovversiva vissuta come radicale esposizione dell’Io.
La ricchezza e diversità degli approcci, lo sconfinamento costante tra personale e politico, privato e pubblico, l’attenzione per l’aspetto autobiografico e la cura nei confronti dell’Altro sono tra gli aspetti più intriganti ed affascinanti di questo volume. L’interdisciplinarità non è qui un semplice termine teorico, ma piuttosto una pratica che le autrici mettono continuamente in atto, animate dal desiderio di disseminare un sapere di genere radicato nella vita vissuta e veicolato attraverso una pedagogia femminista che va anzitutto praticata oltre che teorizzata. In questo senso, i suggerimenti contenuti in chiusura di ciascun saggio per un uso applicativo dei materiali proposti in diversi contesti accademici o didattici appare particolarmente efficace.
L’intero volume, potremmo dire, è percorso da una sotterranea corrente sovversiva che riconfigura l’apprendimento, e dunque anche la pedagogia, come esperienza entusiasmante dalle potenzialità trasformative. Cito in chiusura di questa recensione alcune frasi pronunciate da bell hooks e non a caso riproposte da Skærbæk nel suo saggio: “Mandati alle scuole dei bianchi, imparammo presto che ciò che ci si aspettava da noi era l’obbedienza e non un fervido desiderio di imparare. Troppo entusiasmo poteva essere facilmente percepito come una minaccia all’autorità bianca.”
Desiderio, entusiasmo, e perenne volontà di sconfinare e sovvertire i paradigmi precostituiti rappresentano i tratti caratteristici di un soggetto itinerante alla costante ricerca di sé e di una teoria e pedagogia femminista ‘nomade’ che le autrici di questo volume sono riuscite non solo ad illustrare, ma anche a praticare con estrema perspicacia, efficacia e vitalità.
Silvia Caporale Bizzini, Melita Richter (a cura di) Soggetti itineranti. Donne alla ricerca di sé, Albo Versorio Milano 2013 138 pagine 15 euro
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