di Judith Butler (Meltemi, Bari 2004)
“Se vogliamo arrestare il circolo vizioso della violenza, dobbiamo chiederci come trasformare il dolore da grido di guerra in azione politica” Judith Butler Come si vive in America e nel mondo dopo l’11 settembre e durante la guerra in Iraq? Quali conseguenze per le vite private e per le libertà individuali? Quali censure e auto-censure si accaniscono sulle voci critiche verso la politica del governo statunitense?
Judith Butler, opponendosi all’uso della violenza come risposta al lutto collettivo, sostiene che la posizione di privilegio del mondo occidentale ci consente di immaginare un mondo in cui l’interdipendenza tra i popoli e gli individui divenga la base di una comunità politica globale. Scagliandosi contro la corrente anti-intellettuale del patriottismo statunitense e contro la censura esercitata durante la guerra, pone a tutti noi domande scottanti: quale meccanismo rende alcuni degni di provare sofferenza mentre ad altri non è riconosciuta neanche la dignità del dolore o addirittura di esseri umani?
Quali le implicazioni etiche e politiche della “detenzione illimitata” dei prigionieri di guerra a Guantanamo? Quale passaggio di sovranità si va compiendo negli Stati Uniti all’ombra dell’emergenza antiterrorista? Perché le posizioni critiche verso lo Stato di Israele vengono bollate come antisemitismo?
Un’analisi rigorosa e attualissima, pubblicata contemporaneamente all’uscita americana, sulla fine della divisione dei poteri, sul progressivo sganciamento del potere politico dalla soggezione alla legge, sul crollo dello Stato di diritto con le relative conseguenze sul piano del diritto penale e internazionale, sull’uso retorico dell’accusa di antisemitismo per reprimere il dibattito pubblico.
Judith Butler insegna Letteratura comparata e Retorica all’Università della California, Berkeley. È la più discussa filosofa femminista statunitense per le sue riflessioni sul potere, sulla sessualità e sull’identità. Tra le sue opere più importanti: Subjects of Desire (1987), Gender Trouble (1990, trad. italiana 2004, Scambi di genere), Bodies that Matter (1993, trad. italiana 1995, Corpi che contano), The Psychic Life of Power (1997), Excitable Speech (1997), Antigone’s claim (2002, trad. italiana 2003, La rivendicazione di Antigone). “Perché se io sono confusa da te, tu sei già parte di me, e io non sono in nessun luogo senza di te. Non posso appellarmi a un “noi” se non scoprendo il modo in cui io sono legata a “te”, provando a tradurre e rendendomi però conto che il mio stesso linguaggio deve interrompersi e cedere il passo, se voglio conoscerti. Tu sei ciò che io ricevo in cambio di questo disorientamento e di questa perdita. Così l’umano è, di nuovo e sempre, ciò che dobbiamo ancora conoscere” (Judith Butler)
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