a cura di Pamela Marelli e Delfina Lusiardi, in collaborazione con Wilma Baghetta e Anna Riviera (Rosenberg & Sellier per conto della Assocoop di Brescia Progetto Equal assist, Torino, 2005)
«Questo libro mette al centro l’intelligenza femminile della mediazione, una dote che sembra venire alla luce soprattutto nei passaggi più difficili della vita», così Delfina Lusiardi, nelle brevi ma densissime note che fungono da “presentazione” condensa il senso di una esperienza pensata e vissuta intensamente da una piccola comunità di native e di straniere che si sono ritrovate insieme ad inventare «un corso per mediatrici culturali» basato sullo scambio e sulla condivisione di quel «bagaglio invisibile», nascosto e spesso ignoto alla stessa portatrice. Era questo il titolo di un percorso di ricerca tenutosi a Brescia, da gennaio a dicembre 2003, all’interno del Progetto Equal Assist, presso il Centro Territoriale per l’istruzione e la formazione in età adulta.
Il corso era rivolto a donne straniere adulte e si prefiggeva di valorizzare l’esperienza di ogni singola partecipante, facendola interagire con le competenze di altre: al centro del lavoro comune c’era la scommessa di trasformare il proprio “sapere” in un “saper fare”, costruendo ponti tra la propria cultura di origine e le altre culture. Un «bagaglio» fatto di piccoli gesti di cura come versare un tè alla menta, o raccontare storie impastate di nostalgia, o condividere con altre gli «ideogrammi» per leggere il mondo delle proprie origini, o le sonore profondità della propria lingua o anche l’allegria che contamina senza sapere come. Perché le donne sanno portarsi dentro «quel sapere della vita che è disponibilità al cambiamento, alla mediazione, un ricco inventario di pratiche che sono un antidoto efficace allo sradicamento». La donna riceve in eredità dalla propria madre o nonna la forza e il coraggio di abbandonare la propria casa senza perdersi nel «grande mondo» perché è stata addestrata a crearsene una sua. Una donna marocchina racconta che la madre la preparava a «lasciare la casa dell’infanzia dandole in dote i gesti della cura, l’abilità, la furbizia e la pazienza; consigliandole in alcuni casi di tenersi qualche segreto, per non farsi divorare». Quella “differenza femminile” che prende forma nella saggezza, nell’intelligenza con cui si tessono le relazioni, nelle abilità manuali e nella «competenza dell’esserci», nel saper misurare le parole e i gesti in contesti imprevisti e assolutamente sconosciuti.
Il «bagaglio invisibile» è la denominazione data al corso che, nelle intenzioni delle promotrici, intendeva sviluppare la consapevolezza di queste competenze attraverso il racconto e la narrazione di tante storie ed esperienze uniche e irripetibili, prendendo spunto da un oggetto o da una sensazione in grado di rappresentare il “distacco”, il senso della partenza e della separazione. Senza trascurare il senso del sacro che ognuna trattiene dentro di sé, in quella sua casa dentro. Tutto l’invisibile che tante donne non native hanno portato nelle nostre città e nelle nostre case, che Delfina Lusiardi, prendendo a prestito le parole di una donna ucraina, chiama: la forza dello spirito, la dolcezza dell’anima e le mani capaci.
Il volume si dipana così tra tante e singolarissime «storie di vita» di queste diverse e coraggiose donne in cammino, raccontate dalle protagoniste in una lingua viva che si fa figura delle relazioni di amicizia, degli scambi, delle contaminazioni, della fiducia reciproca ma anche della creatività femminile. E queste tante storie raccontano un «sapere» che forse non sarebbe arrivato a consapevolezza senza la relazione pedagogica messa in pratica dalle promotrici, le quali hanno utilizzato testi narrativi di carattere autobiografico per aiutare le donne non native a recuperare eventi e figure significative della propria storia personale e familiare. Ma soprattutto, attraverso il recupero dei ricordi di tanti vissuti singolari si sono venute confrontando differenti eredità culturali e ne è nata la necessità di mettersi in relazione, come suggeriscono le parole di Vira Horila:
«Con lo spirito forte, l’anima dolce, le mani capaci di fare mille cose, / doni che sempre hanno avuto le donne della nostra terra, / non aver paura di venire in Italia. / All’inizio sarai disperata perché non conosci la lingua. / Ma dopo due, tre mesi comincerai non soltanto a / sentire ma anche ad ascoltare. / Ti meraviglierai di te stessa quando finalmente riuscirai a parlare l’italiano. / Carissima, ti ripeto, la nostalgia ti farà molto male, / la tua anima piangerà e non una volta. / Ma la supererai con la speranza di un futuro migliore, / con il tuo lavoro e imparando cose nuove. / ti auguro di essere forte e di non perdere l’ottimismo».
Adriana Chemello
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