Daria Menicanti, poeta della vita comune

PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail

Ci si innamora di una scrittrice, di una poeta in questo caso, per le più strane ragioni: perché qualche corda vibra nella scrittura e recupera immagini remote e sedimentate in luoghi dimenticati, perché l’intelligenza e l’ironia dei testi sollecitano una risonanza intima, perché il dolore e la sofferenza rendono simili nel senso di assimilabili gli esseri umani, per mille altri motivi che ogni lettore o lettrice va a scoprire soggettivamente tra le parole. Oppure, si è colpiti da qualche tratto specifico della vita, il suicidio in giovane età, ad esempio, la malattia mentale, e si costruiscono delle icone di eccezionalità che decretano il successo anche mediatico di qualche autrice che diventa improvvisamente di culto, per meriti propri e per meriti terzi.
Daria Menicanti all’inizio del 1968, su La Fiera Letteraria dell’11 gennaio, per segnare la sua distanza dall’ermetismo degli anni trenta che non le lasciava “vie d’uscita” si descrive “di indole discorsiva, ridente e piangente”. È proprio da questa indicazione così piana e comune che voglio partire, per leggere la sua poesia.

Era nata a Piacenza, nel 1914, ha abitato soprattutto a Milano, vivendo una quotidianità ordinaria, comune: insegnante di scuola media, traduttrice, sposata, poi separata dal filosofo Giulio Preti con cui mantiene tuttavia uno stretto rapporto amichevole e intellettuale, con diversi amici intellettuali e una vita piuttosto appartata. Ha conosciuto una certa attenzione alla sua opera pubblicando per Mondadori tre libri, Città come (1964), Un nero d’ombra (1969), Poesie per un passante (1978), poi per altri editori Ferragosto (Lunarionuovo 1986), Altri amici (Forum 1986), Ultimo quarto (Scheiwiller 1990). E’ morta a 81 anni, in una casa di cura a Mozzate (Como) nel 1995. Una autrice poco nota e poco frequentata, anche se stimata da un buon numero di critici, poeti e scrittori di notevole rilievo (tra gli altri: Vittorio Sereni, suo editore da Mondadori, Enzo Paci, Luciano Anceschi, Carlo Betocchi, Mario Dal Pra, Piero Chiara, Lalla Romano, Manlio Cancogni, Silvio Raffo, Marco Marchi).

E’ ora con grande interesse che un piccolo editore di qualità, Giuliano Ladolfi, attento osservatore del panorama letterario italiano, propone La vita è un dito. Tutte le poesie di Daria Menicanti, per la cura amorevole e competente di Matteo Mario Vecchio, un giovane studioso che ha già frequentato altre poete di prima grandezza, come Antonia Pozzi. E’ un libro ponderoso e leggero nello stesso tempo, nonostante la mole consistente (690 pagine). Mette insieme tutte le raccolte di Daria Menicanti, alcune introvabili, una appendice con le poesie giovanili e i testi degli ultimi anni, alcune lettere a Luciano Anceschi, una appendice critica dello stesso Vecchio, di Fabio Miniazzi, di Marco Marchi. E’ un libro leggero perchè tra le pagine rispunta la Daria, come viene chiamata dagli amici di Milano, con il suo occhio ironico, lo sguardo sempre attento a cogliere i minimi dettagli della vita, la sua capacità di vedere dentro e oltre gli oggetti, le situazioni, le persone, gli animali, in un approccio ridente e piangente che, come dice Matteo Vecchio “è calda partecipazione” dietro all’ironia che sferza.

Daria Menicanti aveva studiato a Milano negli anni Trenta con Antonio Banfi, con cui si era laureta in Estetica con una tesi su John Keats, e faceva parte di quella cerchia di giovani amici che furono Enzo Paci, Vittorio Sereni, Antonia Pozzi, Luciano Anceschi, Remo Cantoni. Le sue prime prove poetiche, di stile ermetico, risalgono a quel periodo, poi ripudiate proprio seguendo la lezione di Banfi in nome di una scrittura capace di attraversare la vita, per cui aspetterà molti anni prima di dare alle stampe i suoi testi. Attenta conoscitrice della letteratura europea e lei stessa traduttrice dall’inglese, ha una scrittura nuova, “moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”, a parere di Lalla Romano. E la vita si dispiega nelle sue opere in molteplici tratti coinvolgendo tutta la realtà, animale e vegetale compresa, punto di osservazione di impianto filosofico sulla caducità di tutto, ma senza acrimonia.

La lezione fenomenologica di Banfi, la sua incessante interrogazione della realtà, portano l’autrice a leggere il mondo attraverso molteplici lenti: non cercando una verità assoluta, rassicurante, ma con la consapevolezza che solo il dubbio continuo è uno strumento di analisi adeguato alla molteplicità che ci circonda e di cui noi stessi siamo parte. La vita è colta in un insieme di particolari anche minimi, tratteggiata da uno sguardo che legge nel profondo, che trova nell’ironia una chiave di accesso all’enigma che ci compenetra. Una lettura della realtà disincantata ma non sterile, anzi, partecipativa e rigorosa nella sua eticità di fondo.

Nei primi tre libri editi prevale un atteggiamento ironicamente e autoironicamente empatico, negli ultimi si fa più manifesta una lente meditativa, e, secondo una intervista del 1990 rilasciata a Fabio Minazzi dalla stessa Menicanti, l’ultimo libro (Ultimo quarto), “in realtà è formato in prevalenza da liriche «razionali» o «sociali» (come La straniera) che io considero veramente mie e che meglio esprimono il mio attuale modo d’essere (poetico e umano)”. * Da notare il ribadito collegamento tra arte e vita, proprio dell’insegnamento di Antonio Banfi ma anche della frequentazione con Giulio Preti, e proprio pure di tanta scrittura delle donne. Come bene scrive Matteo Vecchio in uno studio presente nella raccolta completa delle opere dell’autrice: «La poesia della Menicanti parte da moventi recensivi della realtà per approdare alla sua scomposizione speculativa, lacerando, la scrittura poetica nei suoi nessi sintattici (e infittendosi in dense spezzature che slogano e destabilizzano l’esplicarsi del dettato), ogni residuo di liricità deformante il moto del pensiero, pur restando, nel midollo, poesia “lirica”».

*L’intervista intitolata “Il fertile dubbio del grillo”, è poi stata pubblicata in Canzoniere per Giulio, a cura di Fabio Minazzi, Manni, Lecce 2004, p. 112. In Canzoniere per Giulio sono raccolti testi per il marito Giulio Preti, già presenti in altre raccolte poetiche, come omaggio postumo del curatore alla poeta.

Daria Menicanti, La vita è un dito. Tutte le poesie, a cura di Matteo Mario Vecchio, Ladolfi, Borgomanero (No) 2012, pp. 690, euro 30,00.

PUOI SEGUIRE LA SIL SU: FacebooktwitteryoutubeFacebooktwitteryoutube
PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail
Categorie