La ribellione di Milli la dolce

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Lei guarda avanti a sé, dritta come un fuso, seria, asciutta nell’abito a fiori, contenuta. Lui, altrettanto secco, la scruta e la stringe a sé, timido e volitivo, un lieve sorriso sulle labbra. Sono giovani e felici, ma con moderazione. La seconda guerra mondiale li ha privati della passione che li accomuna, la musica. Fin dalla copertina il bel libro di Anna Mainardi ci restituisce la fotografia dei suoi genitori e, insieme, della generazione che aveva circa vent’anni quando Mussolini entrò in guerra a fianco della Germania.

Milli e Attilio si conoscono a Parma alla fine degli anni Trenta all’esame di diploma del Conservatorio: lui suona il violino, lei il pianoforte. Arrivano dalla Spezia, dove sono nati e vivono, sperano in un futuro da musicisti, sognano concerti e soddisfazioni dopo tanti sacrifici. Di lui, che proviene da una famiglia molto modesta, di Milli che comunque, essendo donna, determinazione ne ha messa tanta in quella agognata carriera. Si innamorano quasi subito e sono attratti l’uno dall’altro, un sentimento che li unirà fino alla fine, intenso, carnale. Quando  incontrano le reciproche famiglie, sono costretti a riconoscere le molte loro differenze fino a quel punto celate dalla passione. Attilio suona nei locali per dare una mano in casa dopo che il padre socialista, Carlin, operaio all’Arsenale, è stato licenziato come antifascista. Sua madre Teresa, vestita sempre di grigio, invece è cattolica e con Carlin il mangia preti ha avuto sei figli, di cui uno è l’introverso, ambizioso Attilio che, appena si innamora di Milli, prende le distanze dai fratelli così semplici e lontani da lui. Milli invece ha una famiglia abbastanza agiata e soprattutto allegra, aperta al mondo a cominciare dal padre Pinotto, sarto, poeta autodidatta, anarchico con la passione della letteratura più che della politica, figlio a sua volta di una orgogliosa sartina ragazza madre. Sua moglie Angela è solare e serena; anche lei ha fatto sei figli e vorrebbe che Milli non rinunciasse alla professione di musicista per sposarsi.

Ma Attilio ha un’altra idea della famiglia e la guerra accelera le loro decisioni spingendoli a  sposarsi in tutta fretta. Lui viene richiamato al fronte e lascia Milli incinta di due gemelli – Giuseppe e Carlo – che rivedrà solo quattro anni dopo, a guerra finita. Bellissime le pagine in cui Milli, rifugiata per mesi con molti altri all’interno della buia galleria di Monterosso popolata di topi, cerca ovunque il cibo per i figli, mentre non sa più nulla del marito e conta i propri morti. Lui tornerà alla Spezia bombardata e ferita, riprenderanno la loro vita insieme, decidendo però definitivamente, e con dolore, di lasciare la musica: Attilio diventa impiegato ai Grandi Magazzini e in quanto tale è incaricato di andare a Roma ad aprire una nuova succursale. Naturalmente Milli lo segue, innamorata ma anche, a volte, ferita dalla sua gelosia, da qualche scenata, dal suo carattere forte e inflessibile E ancora lo seguirà a Cagliari – dove nasce Anna-, a Trieste e poi di nuovo alla Spezia e a Roma, in giro per l’Italia, che si sta ricostruendo, al seguito di quel marito che sorride poco e lavora come un matto per garantire loro la sopravvivenza. Unico conforto di Milli, nei momenti difficili, è il pianoforte traslocato dovunque con loro e suonato furiosamente o con gioia, ma sempre con la certezza di ritrovarsi.

Difficile e forse inefficace sarebbe riassumere oltre un’intera vita in comune, la storia di tutti i fratelli e le sorelle e poi dei primi nipoti, che Anna Mainardi descrive con profondità e il gusto sincero di esplorare soprattutto i sentimenti della madre perduta troppo presto per una malattia che devasta anche Attilio, fresco pensionato speranzoso di godersi quella donna dolce ma in fondo enigmatica che ha accanto. Chi è davvero Milli e quanto ha sacrificato di sé per tenere insieme la famiglia? Dove è finita la forza disumana che l’ha sorretta negli anni della guerra quando arriva la depressione e sembra vincerla?

Eppure i suoi figli, Anna e anche i gemelli, hanno poi costruito la propria esistenza in libertà. E con un certo gusto della vita che sembrano aver attinto più che dal padre (che ha sacrificato il sogno del violino e ha visto i massacri della guerra), da Milli, dai nonni libertari e anarchici, dall’amore che comunque i due coniugi hanno saputo dare ai figli. Con i propri limiti, come è ovvio e le angosce e le sfide spavalde di una generazione che ha ricostruito l’Italia. Per chi, come me, è nato negli anni Cinquanta, sono molto interessanti i trasferimenti in giro per l’Italia dove i giovani Mainardi incontrano altre macerie e altre coppie come loro impegnate a ritrovare la normalità. Scorrono quasi tre decenni di storia e sono fitti, emozionanti, mentre la scrittrice dice poco di sé, decisa a ritrarre, appunto, la generazione precedente e il suo mondo.

Poi Milli si ammala e muore e Anna interrompe il suo libro, svelandoci solo allora l’ultimo mistero di sua madre, coraggiosa e remissiva, bella e triste. Dovete leggere. E saprete tanto delle nostre madri che sognavano già maggiore libertà accanto a uomini che le imprigionavano invece nell’immagine di una donna che la guerra aveva spazzato via. Per sempre.

 

Anna Mainardi, Ballata per violino e pianoforte, Iacobelli Roma 2013, pagine 166. Euro 14

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