Incontri letterari

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Il volumetto stampato da Adelphi potrebbe apparire una raccolta un po’ strampalata di saggi al confine tra biografia e letteratura. Invece si tratta di una serie di bozzetti, coscientemente messi insieme dalla stessa autrice nel 1936 sotto il titolo polemico Not under Forty (Vietato ai minori di 40 anni). Tradotto letteralmente, oggi , il titolo avrebbe portato fuoristrada. Invece Willa Cather, coltissima scrittrice statunitense, nata nel 1873 e morta nel 1947, aveva un chiaro intento critico: definire che cosa rendesse un romanzo una grande opera letteraria, nella convinzione che gli autori da lei preferiti, in particolare i russi e i francesi dell’Ottocento, non dicessero più nulla ai giovani degli anni Trenta (non aveva torto: li abbiamo riscoperti dopo). È subito chiaro che, tra il ridondante realismo di Balzac, e l’attenzione per il mondo interiore di Flaubert, la Cather tifava mille volte per il secondo. Non a caso il primo, e più delizioso, dei bozzetti è proprio dedicato alla nipote di Gustave Flaubert, Caroline Hamard Commanville, che la Cather incontrò per caso, vecchissima ma vispa, in un hotel di Aix-les-Bains, nell’agosto del 1930. A parte che il ritratto della inossidabile signora, la cui inattualità è resa ancora più dolorosa dall’imminenza della catastrofe che si abbatterà sull’Europa, è bello come un racconto, per noi l’occasione è preziosa proprio per capire meglio quanto fosse esperta di letteratura la Cather. E quanto Caroline abbia ricoperto un ruolo importante nella salvaguardia della memoria dello zio. E perfino nella sua vita. Rimasta orfana a due mesi, Caroline fu appunto allevata dalla nonna e dallo zio Gustave, che non solo seguì passo passo i suoi studi, ma ripose in lei una fiducia e una stima rara per un uomo del suo tempo. Caroline, a cui Flaubert scrisse moltissime lettere, è stata immancabilmente accusata di furbizia. Fece un matrimonio disastroso e lo zio, intervenuto per salvare il marito dal fallimento, finì col compromettere anche la sua situazione. La verità è che Caroline curò con venerazione i manoscritti dello zio e la sua casa ad Antibes divenne meta di un vero pellegrinaggio per i cultori di Flaubert. Il suo patrimonio finì all’asta (malamente) solo alla sua morte. La Cather racconta con commozione il legame tra zio e nipote.

Ma il volumetto dell’Adelphi merita attenzione, in particolare, anche per l’ultimo capitolo, quello dedicato a Katherine Mansfield, la grande scrittrice neo-zelandese. La Cather ne fa uno straordinario ritratto per via indiretta: raccontando lo strano incontro, nel 1920, con un uomo che l’aveva conosciuta da bambina. Anche qui, più che un “bozzetto”, una vera opera letteraria. Con un valore aggiunto che poche scrittrici possono vantare (una di queste è immancabilmente Virginia Woolf): l’aver dato voce e offerto pagine di critica letteraria ad altre scrittrici. Mentre i nostri manuali di scuola si ostinano a ignorare le donne, perfino nei volumi dedicati al Novecento, Willa indica la via: la necessità che siano prima di tutto le intellettuali di oggi a parlare di chi ha aperto loro la strada.

Willa Cather, La nipote di Flaubert, Adelphi, Milano 2005, 136 pagine, 9.50 euro

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