Cinema/ La ricerca di Philomena

PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail

Come si può sopravvivere alla perdita del proprio figlio? E si può farlo celando a tutti questo segreto?

Philomena, settantenne irlandese di modeste condizioni, donna semplice e mite, ci riesce per quasi mezzo secolo, fino al giorno in cui è sorpresa in lacrime dalla figlia con la foto sbiadita di un bimbetto di tre anni.

Si tratta della foto di Anthony, l’unica in suo possesso, scattata durante il suo soggiorno da adolescente nelle Case Magdalene gestite da suore cattoliche dove ai suoi tempi e fino agli anni Cinquanta inoltrati (forse anche Sessanta, l’ultima casa fu chiusa nel 1996) venivano rinchiuse le ragazze che con la loro condotta immorale avevano arrecato disonore alla famiglia di appartenenza e all’intera comunità.

Il film diretto da Stephen Frears, che prende il titolo dal nome della sua protagonista, narra la vera storia di Philomena Lee, una di queste ragazze, ed è tratta dal libro The Lost Child of Philomena Lee del giornalista Martin Sixsmith.

Già Peter Mullan nel film Magdalene  (Leone d’oro a Venezia nel 2009) aveva portato alla luce con grande risalto lo scandalo di conventi-prigione in cui centinaia di ragazze venivano segregate e costrette a lavorare duramente in lavanderia e stireria (non a caso queste case erano chiamate Magdalene Laundries ed erano delle vere e proprie lavanderie industriali dove, essendo la manodopera a costo zero, la Chiesa lucrava proficuamente) sia per espiare il loro traviamento dalle regole della cattolicissima Irlanda, sia per nascondere agli occhi della comunità i bambini generati da relazioni spesso occasionali e comunque fuori dal matrimonio.

Ma mentre il film di Mullan racconta la quotidianità di queste ragazze – dal loro imprigionamento in convento, al lavoro schiavizzato, alle punizioni e prevaricazioni fino al recupero della libertà al compimento della maggiore età – il film di Frears mostra il tormento maturo di una di queste ragazze ormai anziana.

Philomena, interpretata da Judi Dench ancora una volta in stato di grazia, è straziata dal ricordo del bambino che ha partorito in convento e che durante il suo soggiorno è stato adottato da una della tante coppie senza figli che arrivavano per prendere uno dei tanti bambini presenti nelle Magdalene e da allora, nonostante si sia creata una nuova famiglia, non passa giorno in cui non pensi al destino di quel bambino generato da un incontro occasionale al Luna Park con un coetaneo affascinante affabulatore.

In occasione di uno dei tanti “compleanni mai festeggiati” di Anthony, Philomena si fa sorprendere in lacrime dalla figlia con la foto di quel bimbetto che una suora le fece avere segretamente e che conserva con sé immaginando il suo destino adulto e sperando che la sorte gli abbia riservato un futuro migliore di quello che lei, giovane peccatrice quale si reputa, avrebbe potuto offrirgli.

La rivelazione sbalorditiva di questo segreto, spinge la figlia a rivolgersi ad un giornalista che incontra casualmente ad un party in cui lei fa da cameriera per chieder un aiuto.

Il giornalista è il famoso Martin Sixsmith (interpretato d Steve Cogan), corrispondente della BBC e figura di spicco nell’ufficio stampa del Ministero dei Trasporti nel Governo di Tony Blair .

È l’incontro tra la mite Philomena a il focoso Sixsmith a generare l’acqua che da la vita alla storia: la prima dopo aver tentato per decenni di avere dalle suore informazioni sul nome dei genitori adottivi di Anthony si affida ad un uomo che si presta ad aiutarla seppur considerandola un minus rispetto alla propria professionalità di giornalista politico pubblico.

Insieme scopriranno la pista affaristica dei bambini venduti dalla Chiesa irlandese a facoltose famiglie statunitensi e il crudele segreto ancora nascosto nel giardino del convento, ma scioglieranno soprattutto i nodi che entrambi celano nel loro cuore.

Sixsmith scoprirà in Philomena, verso la quale è fortemente prevenuto per formazione, estrazione sociale e spirito religioso, una donna solo apparentemente fragile e ingenua ma capace di rapportarsi consapevolmente con la sua vicenda umana, interrogarsi e confrontarsi con gli aguzzini che le hanno preso il bambino facendo leva sul suo senso di colpa.

Nel film, come nella realtà della storia testimoniata dalla protagonista presente alle riprese, la rabbia repressa e il peso del peccato coltivati privatamente, nel segreto del proprio animo, da Philomena fanno da contraltare alla aggressività di Sixsmith.

Anche il giornalista è vittima di un’ingiustizia seppur professionale (coinvolto nello scandalo di insabbiamento di notizie sull’11 settembre e, per questo, costretto a dimettersi) e, come Philomena, è stato condannato dalla società in cui vive: lui ha perso l’onorabilità professionale, lei è stata privata della maternità.

Qui è racchiuso il cuore della storia e della relazione tra i suoi protagonisti: la differente capacità di contrapporsi alla ragionevole rabbia per quanto subìto.

Philomena saprà contrastare il male ricevuto con la pacatezza, la gentilezza e la fede, senza perdere né allontanare mai da sé il desiderio di bene per il proprio figlio.

Neppure alla scoperta della verità nascostale deliberatamente per una vita intera, Philomena reagirà con la violenza ma saprà rimettere in discussione la spropositata e ingiusta pena subita.

Sotto lo sguardo ancora pieno di rancore di una vecchia suora che perseguiva con particolare sadismo le ragazze ospiti del convento che nella loro condotta morale non avevano rinunciato ai piaceri della carne, saprà interrogarsi se il peccato più grave commesso sia davvero il suo nell’aver partorito da nubile e non piuttosto o quello di aver mentito da parte dell’istituzione religiosa.

In questo drammatico incontro emerge la crasi tra libero arbitrio del singolo e istituzione normalizzante, tra affermazione di libertà del corpo femminile a provare piacere e controllo sullo stesso da parte della Chiesa (istituzione detentrice di potere politico) perché il suo “uso”, primo fra tutti quello di generare, avvenga secondo regole e prescrizioni.

Il figlio del film verrà in qualche modo ritrovato e con esso una visione differente del senso di umanità da parte del giornalista e di rinnovata consapevolezza da parte di Philomena simbolo di molte donne che si sono viste sottrarre i figli in modo così terribile, donne cosiddette “perdute” ma che con forza e tenacia hanno saputo ritrovare se stesse e ricostruirsi.

Philomena – regia di Stephen Frears con Judi Dench, Steve Coogan, Sophie Kennedy Clark, Anna Maxwell Martin, Ruth McCabeDrammatico, durata 98 min. – Gran Bretagna, USA, Francia 2013.

Il trailer

PUOI SEGUIRE LA SIL SU: FacebooktwitteryoutubeFacebooktwitteryoutube
PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail
Categorie
0 Comments
0 Pings & Trackbacks

Lascia un commento