Letture Estive/ La missione di Manuela

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cop-6.aspxLei: Manuela Paris, 27 anni, capelli a spazzola, maresciallo degli alpini in missione a Sollum, in Afghanistan, base operativa di Bala Bayak , un “nulla circondato dal niente” a 4500 km dall’Italia.

Unica sopravvissuta ad un attentato dove sono morti cinque dei suoi soldati è ritornata in congedo sulla stampella, a Ladispoli, suo paese d’origine, e vive sospesa, come fosse tempo buttato, in attesa del verdetto della commissione medica che dovrà giudicare se è idonea o no a tornare in trincea, come da lei esplicitamente richiesto.

Manuela aveva sognato fin da piccola di fare l’alpino perché voleva fare qualcosa di importante nella vita, “non essere un’ombra senza storia”. Ma adesso si sente un cencio sporco. Soffre di anestesia emozionale, vomita e ha ancora il boato dell’esplosione nelle orecchie e l’odore di carne bruciata nelle narici.

In Afghanistan ha imparato cos’è la paura “dall’odore acidulo”, ma più aveva paura, più la bellezza selvatica di quel paese “ le si conficcava dentro come una scheggia di metallo”. Un luogo dove i ragni cammello sono grossi quanto una mano, si nascondono dietro la tua ombra e ti seguono per pungerti e rubartela perché come narra una leggenda afgana, l’ombra è l’anima.

Un luogo dove le stelle sono così grandi da fare ombra sulla terra e il silenzio così compatto da sentire il fruscio della sabbia che si sgretola sulle dune. Un luogo dove si ha la sensazione di vivere l’stante della creazione. “Una potenzialità inespressa e infinita”. Come la libertà.

Lì aveva imparato che la guerra significa “essere una marionetta nelle mani di un burattinaio che non ti apprezza e ti ignora”. Esattamente come nelle battaglie tra greci e troiani, dove e a combattere sono i soldati ma a decidere chi deve morire o salvarsi sono gli dei.

Lì aveva imparato la teoria della divergenza , ovvero il compimento di una serie di attività trascurabili ma tutti convergenti verso un punto focale, e che eseguiti con un istante di anticipo o di ritardo possono salvarti o no la vita.

Lei infatti a Qal’a-i-Shakhrak si è salvata per un atto trascurabile – fermarsi per cercare nella tasca una penna da regalare ad Amir, dagli occhi verdissimi, che a 12 anni era già capofamiglia. Un movimento irrilevante che l’ha allontanata di dieci passi dal punto d’intersezione. Dallo scoppio innescato dallo stesso Amir che mascherava sotto il cappotto, il giubetto esplosivo.

Per riabilitarsi e ricomporre i pezzi, su consiglio dello psicologo, scrive in prima persona gli homework, diari di automonitoraggio: appuntare i sogni, parlare di quello che sente, anche se le hanno insegnato che un soldato i sentimenti deve tenerli per sé. Cerca l’anima rubata, anche se la leggenda non dice come.

Scrivere si rivela impresa più difficile che marciare sotto il sole. “È come avanzare nella tenebra col visore a raggi termici che segnala il calore del corpo di una persona anche se quella è andata via. Segnala una presenza che è anche un’assenza. Registra il passaggio”.

Per quel gioco di divergenze e convergenze che è il mestiere di vivere, Manuela incontrerà lui: Mattia Rubino, un nome di comodo. Un testimone di giustizia, sotto costante minaccia di morte, costretto a vivere sballottato da una città all’altra, senza passato, senza il suo lavoro, la sua famiglia, senza un luogo dove sostare.

Si scoprono, si amano, l’una diventa l’ombra dell’altro, vi si riflette come l’immagine nell’acqua.

Entrambi vuoti, senz’anima , non sono morti. Vivono nel limbo, in una zona intermedia, sospesi come gente “senza speme che vive in disio”.

Limbo, come spiegherà loro la piccola Alessia, è anche un videogame: un bambino cerca la sorellina che si è persa nella foresta, e incontra uomini e mostri che cercano di ucciderlo. Il bello del gioco del Limbo, dice Alessia, è che non si muore davvero e una volta sola. Risorgi e ricominci dal punto dove sei caduto.

Dal limbo, dal margine, al confine tra Live e Homework , è dunque possibile acquisire una prospettiva diversa. Comprendere meglio quanto ti accade.

Così come andare in Afghanistan è servito all’Italia “come uno specchio per vedersi migliori, per mostrare l’immagine di ciò che vorremmo essere ma che qui non sappiamo più”.

Melania Mazzucco, Limbo, Einaudi, 2012, pag. 476, euro 14,00

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