Dopo la pregnante antologia Corporea. Il corpo nella poesia contemporanea di lingua inglese (Le Voci della Luna 2009), il gruppo collaudato di amiche, poete, traduttrici, formato da Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli, si cimenta con un tema di grande complessità non soltanto semantica: il rapporto tra madri e figlie nella poesia contemporanea di lingua inglese. Tema coinvolgente e arduo, messo da parte in tanta produzione psicoanalitica, se ricordiamo che la relazione privilegiata da analizzare è stata quella tra padre e figlia o tra madre e figlio, tanto che Adrienne Rich a questo proposito aveva parlato di una “storia non scritta”.
Ora questa antologia che esplora gli ultimi trenta-quarant’anni di scrittura poetica delle donne in ambito anglosassone, ma di diverse nazionalità, mette a tema questo intricato e complesso argomento dandone illuminanti angolazioni e prospettive distoniche.
Eterno punto critico della questione è il duplice, ambivalente e ambiguo movimento di assimilazione/separazione: il gioco drammatico, spesso distruttivo, che opera nelle relazioni di forze contrapposte e di legami d’amore. Il conflitto-passione che ogni donna ha sperimentato e che non è mai chiuso “per sempre”, come se nella propria soggettività di donna adulta si contenesse (si contiene) anche l’altra, l’opposta, la diversa, la simile, la contigua.
In un saggio introduttivo Silvia Vegetti Finzi chiama questa “una narrazione infinita” e riconosce nella poesia, sulla scorta delle parole di Freud, una capacità di esplorazione intima e radicale degli affetti profondi capace di andare ben al di là della strada dell’analisi e della scienza. Non a caso riprende la metafora dell’orlo del pozzo sul cui fondo, affacciandosi, si scorgono ombre inquiete e terribili di cui, tuttavia, nell’intimo abbiamo una remota, benché oscura, consapevolezza. E se ci sporgiamo molto, come hanno ricordato diversi anni fa su temi limitrofi Ginsburg e De Cespedes, rischiamo di caderci dentro inevitabilmente.
Il libro è un vero corpo a corpo – non solo sul piano materiale e linguistico – con tematiche amorose ed estreme che segnano lacerazioni e passioni, fantasie e paure rimosse, dolori che toccano la vita di donne adulte e si trascinano dall’infanzia, dichiarando un desiderio di unità impossibile a raggiungersi, con il tono, in alcuni testi, di una impresa epica.
Proprio per dare conto della problematicità degli argomenti il libro ha una architettura complessa. E’ diviso in tre sezioni: – La tesa fune rossa dell’amore; – Nelle stanze della memoria; – Retaggi, lignaggi. Queste, a loro volta, si suddividono in sottosezioni che attraversano i temi trattati: dalla separazione voluta ai tentativi di fusione/confusione, dai ritratti ai fantasmi/proiezioni, dalle assenze alle confessioni, dagli oggetti alla violenza, al grande tema della lingua-madre, la prima lingua di comunicazione e di esistenza. Un’ampia antologia (261 pagine) che spazia tra culture diverse, lontane nello spazio e nei costumi, accomunate dall’uso della lingua inglese, a mostrare la rispondenza trasversale a un tema messo a nudo.
I testi si collocano in situazioni differenti, attraversano il vivere quotidiano, parlano di violenze e fantasie ossessive, inducono alla tenerezza e all’amore continuamente incalzato, si addentrano nel mito a ricercare verità illuminanti dal remoto passato, seguono immaginazioni o sogni. Sono confessioni, interrogazioni, accuse, ritrosie, dichiarazioni, analisi spietate, indagini, ricordi, dialoghi in assenza o in presenza, memorie di luoghi, di oggetti, di incontri, nella ricerca di una verità capace di restituire completezza e pace o di allontanare negazioni e rimozioni. Sono proiezioni di immagini restituite a grandezza naturale nello scorrere degli eventi di ogni giorno, ma con l’effetto straniante del ricordo che accumula sensazioni non dette, mai raccontate neppure a sé stesse; moti di rabbia gelida perché fissata nella memoria non scritta dei corpi, ma quanto incisa sotto la pelle, quanto dentro i corridoi oscuri che attraversano le membra. Percezioni e consapevolezze svelate anche se mai veramente espresse, pulsioni che ritornano a inquietare, con quel sentimento ambivalente così conosciuto, così sospeso nella vicinanza percettibile dei corpi. Fantasie di possesso, di inglobamento; fantasie temporali che sbalzano gli eventi fuori dai percorsi cronologici, fissano un certo attimo come in una immagine fotografica, per sempre o finché dura la memoria e il soggetto.
Anna Salvo, nel tracciare un bilancio nella postfazione parla di lavoro di ricomposizione e dello spaesamento che perviene nell’esperienza di chi affronta una rivisitazione dell’oggetto materno, della nostalgia che tocca chi si affaccia a un paese mai definito nella sua interezza, quella “nostalgia per una comunicazione” preverbale, ma attiva, calda, luogo che ha instradato nel mondo, delle prime fasi della vita, come ricorda Melanie Klein. E tuttavia non è una nostalgia che si richiama soltanto a un passato irrimediabilmente perduto da agognare con pena; con una formula felice Anna Salvo parla di una “nostalgia aperta”, come di “un percorso del presente e del futuro”, orientato in avanti come il cammino di crescita nella ricerca pluridirezionale, eccentrica, continua, delle donne nella contemporaneità. Non solo un ritorno dunque, ma un procedere ad altro con la nominazione di quanto era stato indicibile per lungo tempo.
Le autrici tradotte sono una sessantina, americane, inglesi, irlandesi, gallesi, afroamericane, indiane, israeliane, canadesi, italoamericane, indiane che scrivono in inglese ma vivono in Germania, come Sujata Bhatt, poete afroscozzesi come Jackie Kay, o la grande Audre Lorde, di origini caraibiche, attivista politica che mescola linguaggi e rappresentazioni guerriere, o la geniale Carol Ann Duffy, prima poeta laureata inglese, che mescola linguaggi di strada e gergali alla poesia alta, ottenendo in patria un vasto apprezzamento di pubblico e di critica, tanto da riportare la poesia a una vera circolazione diffusa e non di nicchia. Alcune sono anche giornaliste, performer, saggiste, critiche, traduttrici, docenti universitarie, infermiere psichiatriche come Sally Read, che immette nelle sue opere il tema perturbante della malattia, femministe, lesbiche. Molte le poete laureate, molte le nomine ai Premi Pulitzer e ad altri prestigiosi premi. Una moltitudine di poete di grande forza di pensiero e creativa che si è interrogata su un nodo simbolico che tocca carnalmente e profondamente tutte le donne.
Le prospettive di lettura dell’antologia sono molte, come sono molte e varie le posizioni da cui parlano e guardano le poete. Ogni lettore/lettrice troverà sue rispondenze, le sue affinità, le sue verità nel ricco panorama offerto.
Una antologia tematica risponde a una scelta precisamente orientata, i cui principi si riscontrano nella lettura dei testi. Qui il principio dell’inclusività pare dominante: certo per dare segno, il più largo possibile, di un tema tanto rilevante e generale. E le differenze di impostazione che si avvertono, a volte, tra un testo e un altro testo sono riscontrabili, probabilmente, tra esperienze individuali piuttosto che tra differenti culture. Ma su questo occorre, forse, interrogare ancora le culture.
Se c’è un merito aggiuntivo in questa notevole antologia poetica è quello di aver presentato tante poete importanti del tutto o quasi sconosciute in Italia; infatti accanto ai nomi più noti di Sylvia Plath, Margaret Atwood, Elizabeth Bishop, Audre Lorde, Sujata Bhatt, troviamo decine e decine di poete di grande tensione di scrittura, colpevolmente non conosciute nella nostra cultura, alcune mai tradotte. Questo a merito anche della lungimiranza della casa editrice. E quanto detto deve anche interrogare tutti sulla vitalità della letteratura contemporanea in Italia.
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La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia contemporanea femminile di lingua inglese, a cura di Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli, con saggi di Silvia vegetti Finzi e Anna Salvo, La vita felice, Milano 2015, pp. 261, € 18,00.
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