Proseguono le interviste che abbiamo rivolto alle coordinatrici dei workshop del prossimo convegno Sil che ci raccontano da dove è nata la loro idea e come pensano di realizzarla.
*
Lisa Marchi, Cristiana Pagliarusco, Giovanna Covi, Francesca Berguecio, Rosa Edith Tapia Pena
Quale è stata la curiosità che vi ha suscitato il tema del convegno?
Due sono le idee che ci hanno particolarmente incuriosite e che abbiamo deciso di esplorare nel nostro laboratorio: l’idea di complessità e di cambiamento. Le vite vissute sono sempre complesse, uniche, singolari, capaci di spingere le arti ben aldilà dei loro confini canonici; i conflitti e le rivoluzioni abitano la nostra storia passata e presente. La letteratura ci permette di immaginare altre realtà e ci aiuta a visualizzare scenari futuri dove proprio noi siamo agenti del cambiamento.
Il vostro laboratorio si intitola “E se…?” Perché avete scelto questo argomento?
Si intitola così in riferimento al saggio di Adrienne Rich su poesia e rivoluzione, perché vuole insistere sull’importanza di figurare le cose altrimenti per poter intraprendere azioni di cambiamento e possibili personali e/o condivise ri-evoluzioni.
Pensate di usare una metodologia specifica per il vostro workshop?
Usiamo un’improvvisazione in forma di conversazione multimediale-parola, danza, musica, immagini – per sottolineare l’atteggiamento dialogico, diversamente prospettico che vogliamo assumere e che fa in modo che i diversi linguaggi artistici si illuminino a vicenda e che si getti – è il nostro augurio – una nuova luce sulla realtà.
*
Paola Bono
Quale è stata la curiosità che ti ha suscitato il tema del convegno?
Più che curiosità, il tema del convegno mi ha suscitato ammirazione mista a dubbi per il coraggio un po’ folle della scelta: parlare di conflitti e rivoluzioni apre un ampio campo di ipotesi, prestandosi a molte interpretazioni e declinazioni. E allora forse sì, una curiosità c’è: scoprire, al di là delle indicazioni del programma, come/se il tema è stato perimetrato e quanto sarà possibile esplorarlo.
Il tuo laboratorio si intitola “Non normale, non rassicurante- Laboratorio sul teatro di Caryl Churchill”. Perché hai scelto questo argomento?
Da qualche anno sono impegnata in un progetto di pubblicazione in italiano dei suoi testi e ritengo che essi siano innervati, in modo molteplice e straordinariamente interessante, da una riflessione sui temi del conflitto, della violenza, e della rivoluzione: a livello interpersonale, sociale, tra stati – e nel rapporto tra queste diverse forme.
Un esempio: le brevi scene che compongono This is a Chair ( Questa è una sedia) – dove fin dal titolo, nel riferimento alla famosa pipa di Magritte, si pone la questione del rapporto tra “realtà” e rappresentazione – trattano di piccoli tradimenti e domestiche crudeltà, ma hanno titoli come “The War in Bosnia” (La guerra in Bosnia) o “The Labour Party’s Slide to the Right” (La virata a destra del Partito Laburista”), a prima vista del tutto incongrui. Vi si trova però la proposizione sintetica e quasi stilizzata di modalità di comportamento umano che sono nel piccolo della relazione interpersonale versioni di più ampi problemi, con i quali stanno in rapporto metonimico. Così la scena intitolata “Pornography and Censorship” (Pornografia e censura”) mostra una coppia di genitori che obbligano la figlia a mangiare minacciandola in caso contrario di innominate conseguenze; uno scenario di disciplinamento e punizione che poi si ripete con titolo “The Northern Ireland Peace Process” (Il processo di pace in Irlanda del Nord), dove in trasparenza si identificano il padre con gli Usa, la madre con il governo britannico, e la figlia Muriel è l’Irlanda, in posizione femminilizzata e infantilizzata. Per riprendere il titolo di un articolo che scrisse poco più che ventenne, il teatro di Churchill è “non normale, non rassicurante”: un teatro insieme politico e poetico, che lavora in modo innovativo sul linguaggio per far trovare un altro sguardo e altre domande, pervaso sempre di alta tensione civile e lucida consapevolezza del presente, che a volte illumina quasi profeticamente. Penso qui, per fare solo un esempio, al discorso sulla distruzione dell’ambiente e allo scenario di guerra totale che si delineano in Lontano lontano, acclamato a posteriori come una delle opere drammatiche che meglio hanno saputo dar forma al conflitto globale del dopo 11 settembre. Estremizzazione delle modalità di dominio che la specie umana ha esercitato sul mondo, nonché di processi sociopolitici effettivamente in atto, presenta una guerra che coinvolge tutto e tutti, umani, animali, fenomeni naturali – dove “è stato reclutato di tutto”, e si brucia l’erba che non vuole obbedire.
Pensi di usare una metodologia specifica per il vostro workshop?
Ho chiesto a Giorgina Pilozzi, organizzatrice culturale e regista con cui ho già avuto occasione di lavorare su questa autrice, di condurre con me il laboratorio, perché le sue competenze permetteranno – dopo la presentazione di un percorso tematico attraverso i testi di Churchill – di passare a una fase davvero laboratoriale, con la discussione di un singolo testo, o fors’anche di una singola scena, e la proposizione e il confronto di ipotesi di messa in scena.
*
Liana Borghi e Roberta Mazzanti
Quale è stata la curiosità che vi ha suscitato il tema del convegno?
In quanto associazione “ospitante”, la SIL di Firenze ha partecipato alla scelta del tema del convegno. Ci sembrava importante osservare come vengono tematizzati conflitti e rivoluzioni, per impedire che vengano smorzati o cancellati nel loro costitutivo antagonismo. La letteratura può far emergere i conflitti che la politica istituzionale e le ideologie dominanti nascondono o cancellano; quindi ci interessava indagare su come il pensiero, la scrittura e le pratiche delle donne abbiano affrontato conflitto e rivoluzioni nella narrativa e nelle arti moderne e post-moderne.
Il vostro laboratorio si intitola, “Narrazioni non lineari: esplorazione di conflittualità e scansioni rivoluzionarie nella letteratura, le arti visive e altre forme di narrazione della donne”. Perché avete scelto questo argomento?
Considerando le letture e le riflessioni condivise dal nostro gruppo di lettura negli ultimi mesi, ci interessa particolarmente riflettere su quali performatività e temporalità strutturino la narrativa del conflitto – anche, ma non solo, all’interno delle genealogie femministe, dove la narrazione di legami affettivi e a/sincronie fra generazioni mette a fuoco la non-linearità temporale e spaziale.
Pensate di usare una metodologia specifica per il vostro workshop?
Nelle due “puntate” del workshop, durante il convegno, vogliamo offrire il più ampio spazio al dibattito, alla conversazione e allo scambio: perciò abbiamo scelto una formula interattiva basata sulla circolazione preventiva via internet di un breve saggio da parte di ciascuna iscritta. Il workshop avrà così la forma di uno scambio che non prevede relazioni individuali, ma piuttosto una discussione sui temi emersi nei testi inviati e già letti dalle partecipanti.
*
– la pagina dedicata al convegno
– la pagina dedicata ai workshop e ai primi materiali
*
vedi anche le altre interviste:
Convegno SIL/ Workshop (parte 1)
Convegno SIL/ Dell’impresa di raccontare i lavori del vivere per vivere
PUOI SEGUIRE LA SIL SU:






PASSAPAROLA: