Trieste/ Alla scoperta di scrittrici dimenticate

PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail

oltre-le-parole_copertina_defProsegue con fervore il progetto di editoria indipendente avviato da “Vita Activa”, sostenuto dalla Casa Internazionale delle Donne di Trieste e stimolato dall’energia propositiva di Gabriella Musetti, curatrice anche del volume Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento, frutto di un Laboratorio di scrittura durato più di un anno ed edito nel marzo 2016.

Molti sono i meriti di questa accuratissima pubblicazione, a cominciare dall’aver ricollocato al posto loro spettante nella storia della letteratura regionale cinque autrici oggi praticamente dimenticate, dopo esser state ben note ed amate dal pubblico mentre erano in vita. Ma forse l’aspetto più interessante del libro va ricondotto alle modalità della sua costruzione che ha comportato una ricerca personale di sei autrici contemporanee volta a reperire testi non più in circolazione, a leggerli e commentarli, a contestualizzarli all’interno della Storia nazionale e locale, a ricostruire le vicende umane di ciascuna scrittrice entrando con lei in un rapporto empatico e infine a trascegliere per l’Antologia, che costituisce la seconda parte del lavoro, alcuni racconti o passi tratti da romanzi atti a consentire una migliore conoscenza dei caratteri contenutistici e formali della scrittura di ciascuna. Il tutto confrontandosi con quanto in parallelo è svolto dalle altre ricercatrici.

Lavoro necessariamente lento e meditato, come dimostrano i vari contributi, a cominciare da quello di Mariella Grande per Ida Finzi, nota come Haydée, giornalista e scrittrice nata nel 1867, appartenente alla buona borghesia ebraica, convinta irredentista, vincitrice di Premi letterari e attivissima fino alla prima Guerra mondiale con articoli di costume sul giornale triestino “L’Indipendente”. Autrice nel 1933 del romanzo Vita di Doretta Cisano – protagonista una donna che conosce le difficoltà della vita e sa reggere la solitudine – sembra poter superare il clima antiebraico che si stava diffondendo anche in Italia (vince il Premio Fusinato nel 1934) ma dopo la promulgazione delle leggi razziali necessariamente deve cedere alla contingenza. Riparerà in una casa di riposo a Portogruaro, dove morirà nel ’46.

Maria Neglia si occupa di Pia Rimini, figlia unica amatissima di una facoltosa famiglia triestina in cui la matrice ebraica si mescolava con affermazioni di a-confessionalismo e conversioni al cattolicesimo.

Pia ha una vita drammatica fin dalla giovinezza, per una maternità senza matrimonio che porterà coraggiosamente avanti ma si concluderà con la morte del bambino alla nascita. Nozze tardive con un uomo molto più vecchio di lei la porteranno lontano da Trieste, dove però rientra per non lasciare soli i genitori cui è legatissima. Scrive diversi libri di successo con passione autobiografica, anche se nello stile enfatico del tempo, e si avvicina alla religione cattolica con assoluto trasporto. La sua fine è tragicamente ignota ma la direzione del suo viaggio era Auschwitz.

Di Fortuna Morpurgo, che usa lo pseudonimo di Willy Dias, scrivono Marcella Trulli e Giada Passalacqua. Entrambe ne ricostruiscono la vita, Marcella Trulli con precisa cronologia, Giada Passalacqua con un’attenzione particolare ai risvolti psicologici che si possono cogliere da testi della stessa Dias.

Dopo aver frequentato il Liceo Femminile a Trieste, Fortuna, nata nel 1872, comincia la sua carriera di giornalista collaborando con un quotidiano di Genova, anche come corrispondente da Vienna. Sposa un uomo mediocre e nel periodo del loro breve matrimonio vive a Gorizia, frequentando l’ambiente culturale della città. Rientrata con una figlia piccola a Trieste, per via della prima guerra mondiale deve trasferirsi a Firenze e Genova, dove si inserisce con successo nel mondo letterario continuando a scrivere su quotidiani, ma riuscendo a imporsi all’attenzione di un pubblico femminile con una cinquantina di romanzi dal prevalente tema sentimentale. Anche nel secondo dopoguerra l’impegno di Willy Dias continua, ora sull’Unità, dove tiene una rubrica. Iscritta al Pci, viene ricordata in un discorso pubblico quando muore nel 1956.

Silva Bon è autrice della ricerca su Anna Curiel Fano, da lei incontrata nel corso dei suoi studi sulle Comunità ebraiche del Nord est d’Italia di Ottocento e Novecento. La lunga vita di questa scrittrice (1901-1998) si svolge sotto il segno di un grande amore, vissuto dapprima nello scandalo di una società aperta ma legata a valori tradizionali. Il resoconto della storia appassionata fra Anna e Giorgio Fano, intellettuale e docente all’Università di Roma, si trova nel romanzo Giorgio e io, un grande amore nella Trieste del primo ’900, curato dal figlio dopo la morte dell’autrice. Altri scritti e racconti, quali Noi Ebrei o Marta, narrano delle persecuzioni fasciste e naziste, del periodo di fuga da Roma e asilo in Abruzzo, sotto la continua minaccia di essere scoperti, della dedizione assoluta della donna nei confronti del suo compagno di vita, di una tardivamente confessata gelosia.

Infine Marinella Zonta si occupa di Alma Morpurgo, una donna vitale e intraprendente, attiva nel mondo del lavoro fin dai suoi quindici anni. Per motivi economici deve infatti imparare la stenografia, specializzarsi nella conoscenza di varie lingue e impiegarsi nell’Agenzia giornalistica di Giorgio Fano. L’ambiente stimolante, la frequentazione di intellettuali, la passione per la vita dinamica e relazionale costituiscono caratteristiche che permarranno l’intera vita, nonostante gli alti e bassi derivanti dalle mutate condizioni storiche. L’esilio in Cile per sfuggire le leggi razziali dura fino al 1955, quando riprende prima a Roma e poi a Trieste l’attività a lei congeniale.

Non ha redditi né pensioni ma ama la sua vita e la racconta in alcune pubblicazioni ( Incontrati per via, Voci lontane, ad esempio) con felice arguzia.

Se in apertura Gabriella Musetti chiarisce le posizioni della Casa Editrice riguardo alle scritture delle donne, ancora penalizzate dal sistema letterario e dalla critica, anche se non nei modi d’un tempo, specificando che non si tratta di riconoscere una “scrittura al femminile” ma di ribadire la necessità di recuperare alla cultura voci significative per completare con la concreta e fattiva presenza femminile il quadro complessivo di una città, Trieste, ingiustamente oscurato in quella direzione, in chiusura Silva Bon compone un ritratto puntuale e convincente della soggettività femminile nella Comunità ebraica a Trieste.

Questa condivide con quella triestina allargata le stesse norme di comportamento e le stesse aspettative ‘tradizionali’, ma spesso le ragazze si rivelano più libere e più disinibite, ovviamente presso le famiglie agiate della media-alta borghesia, che spesso concludono matrimoni misti vivendo il loro ebraismo senza alcuna percezione di diversità.

Esse vivranno come inattesa, triste scoperta e ‘tradimento’ quanto avviene dopo il ’38.

Oltre le parole. Scrittrici triestine del primo Novecento, a cura di Gabriella Musetti, Trieste, Vita Activa, 2016, pp. 320, euro 14.00.

Autrici antologizzate: Ida Finzi (Haydèe), Fortuna Morpurgo (Willy Dias), Pia Rimini, Anna Curiel Fano, Alma Morpurgo.

Contributi di: Silva Bon, Mariella Grande, Maria Neglia, Giada Passalacqua, Marcella Trulli, Marinella Zonta.

 

PUOI SEGUIRE LA SIL SU: FacebooktwitteryoutubeFacebooktwitteryoutube
PASSAPAROLA:
FacebooktwitterpinterestlinkedinmailFacebooktwitterpinterestlinkedinmail
Categorie
0 Comments
0 Pings & Trackbacks

Lascia un commento