Visibile e invisibile tra letteratura e femminismo
di Alessandra Pigliaru
II In Giappone si usa il termine «karoshi» che indica la morte, anche psichica, per troppo lavoro. Eppure l’assalto delle vite, per niente figurato, si intreccia con cambiamenti, storici, economici e materiali in genere, che richiedono uno sguardo plurale proprio sul tema del lavoro. A questo proposito, quanto sapere, capacità di ascolto del presente, arriva ad esempio dalle scrittrici? E dalle lettrici che a loro volta praticano quell’ermeneutica affettiva come esercizio di costante sponda? Accade perché lo spazio narrativo, spesso, apre alla vicinanza con le cose. L’attraversamento, spaziale e di tempo, non significa abitare solo i testi, concerne piuttosto una indagine che decenni di critica letteraria femminista – e di pratica politica – consente senza indugio.
La Società italiana delle letterate da anni è al centro di una elaborazione critica costante, larga e articolata, che assume i tratti di una cartografia del presente. Come fa anche nel volume Visibile e
invisibile. Scritture e rappresentazioni del lavoro delle donne, a cura di Laura Graziano e Luisa Ricaldone (Iacobelli editore, pp. 196, euro 16.50, collana «Workshop») e che prende spunto dal convegno che la Sil ha organizzato a Venezia nel dicembre del 2019.
IMPRESA COMPLESSA prendere parola oggi sul lavoro, in particolare su quello delle donne, seppure abbiamo dalla nostra dei vantaggi indiscutibili che ci provengono dal femminismo, non solo italiano. A rispondere nel merito del mutamento di figure discorsive e codici testuali, sono ora Cristina Bracchi, Annarosa Buttarelli, Giulia Caminito in dialogo con Chiara Ingrao, Laura Fortini in dialogo con Laura Pugno, Laura Graziano, Loredana Magazzeni e Luisa Ricaldone. Pagine che in Visibile e invisibile hanno la forza di saggi e conversazioni tra scrittrici, autrici e lettrici, studiose e ricercatrici che del femminismo hanno fatto, talvolta, esperienza ancor prima che teoria critica. E se l’arco temporale affrontato va dagli anni settanta del secolo scorso a romanzi e sillogi poetiche più recenti, la traiettoria individuata si sposta dal solo contesto italiano ed europeo e arriva fino al Giappone e agli Stati Uniti.
Nella fisionomia di questa moltitudine di «vite lavorate» (per citare il volume di Cristina Morini edito da manifestolibri nel 2022), esiste un tempo che preveda una discussione intorno al lavoro – quando ne va di esistenze al di sotto della soglia di precarietà – compreso quello di cura (sul punto si veda il saggio
di Laura Marzi, Raccontare la cura. Letteratura e realtà a confronto, edito da Futura nel 2024, collana «Sessismo e razzismo»).
DI QUEL CAPITALISMO estrattivo, citato da Laura Fortini (ricordando il grande lavoro di Benedetto
Vecchi, nei suoi libri e nelle pagine di questo giornale) che consegna uno degli interventi più lucidi, vi sono i prodromi di molte delle letture presenti nel volume. Presagi, o veri e propri affreschi del mondo a venire, convocati da scrittrici assai diverse: da Ingeborg Bachmann a Annie Ernaux, da Lucia Berlin, Bianca Tarozzi, Nadia Agustoni a Anna Maria Ortese, Amélie Nothomb e ancora Kikuko Tsumara e Oyamada Hiroko.






PASSAPAROLA: