Storia e politica secondo Wendy Brown

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È stato finalmente  tradotto in italiano La politica fuori della storia, di Wendy Brown, ormai noto ovunque, e pubblicato negli Usa nel 2001. L’autrice invece in l’Italia è diventata più familiare solo dopo la sua conferenza del 2008 all’Università di Roma e con il recente appoggio a Occupy Wall Street. Al di là del vertiginoso viaggio fra saperi e filosofi, da Marx a Derrida, con riletture che richiederebbero ampia analisi, mi soffermo su alcuni punti. Il titolo significa la necessità di congedarsi da una Storia lineare  progressiva,  una concezione intesa come progresso a cui siamo ancora “perversamente” legati. E fuori  dalla Storia “monumentale”, teleologica, emergono storie diverse.

L’interesse del suo discorso è dato inoltre dal desiderio di comprendere, per poterlo trasformare, il potere «che ferisce, che produce soggezione e ingiustizia» e creare così nuove possibili strade, in una indispensabile tensione fra teoria e politica. Nel cercare un intreccio fra Marx e Foucault, Brown mette in luce infatti la comprensione del potere nella società capitalistica attraverso la messa a fuoco delle logiche di potere affrontate da quelle teorie: nell’ottica del potere che produce posizioni sociali, riaprire il futuro significa rivedere il rapporto del passato – senza evocarlo come presenza strutturante –  con il presente e vederne le tracce.  In tal senso l’importanza della genealogia  che deve «tormentare la politica democratica» per evitarne le intrinseche derive tecnocratiche e dispotiche.

Riprendendo Derrida e Benjamin  vuole così tenere aperta la possibilità di intervenire nell’oggi, creando una consapevolezza politica che si faccia mezzo della pratica della libertà. Per questo, dice, occorrer rinunciare alle convinzioni, intese  come base della conoscenza e dell’azione politica. Rifacendosi ai discorsi elettorali di Bill Clinton del 1996, presentato come «uomo delle convinzioni» Brown sottolinea infatti come la parola in inglese non risulti “gradevole”, essendo legata alla conversione ed a una politica della Verità. Perciò a suo parere occorre non tanto chiedere in cosa si crede, ma cosa si vuol fare rispetto ad un insieme di obiettivi. Se condivido che la politica non si può fondare sulla dimensione religiosa della verità, ritengo però non possa che basarsi sul prendere una posizione dettata da convinzioni e valori in conflitto: valori quindi non validi per tutti/e ma – aggiungerei – esplicitamente di parte, da contrapporre ai valori dominanti: una lettura resistente (Fetterly) del mondo, dei suoi testi e delle sue trame è inevitabilmente partigiana. Il sentimento che qualcosa nel presente manca – come la giustizia sociale e la libertà – nel senso di Bloch, è fondamentale ed è quello a cui politicamente tendo nelle mie scelte (di cui sono convinta, senza alcun trascendentalismo): un  progetto di società diversa esplicitato in contrapposizione alla posizione di parte (anche se non dichiarata) dei cosiddetti  tecnici che governano l’Italia.

La realtà appare come un insieme di possibili simultanee configurazioni, le cui combinazioni, in un movimento continuo di pensiero, variano; ed è questo che la politica istituzionale non accetta e cerca al contrario di codificare e normalizzare. Il Pinocchio di Jarmila Očkayová capisce che i ‘maestri’, cioè i sostenitori delle opinioni dominanti, non parlano del mondo nella sua molteplicità, ma esprimono idee come blocchi squadrati in colori uniformi, mentre la diversità, la sfumatura è messa come fuori legge. Nell’oggi abbiamo infatti un bombardamento mediatico di notizie e contro notizie, fumose, sensazionali, mistificanti, per manipolare e sopraffare: parole verosimili ma bugiarde, parole dell’arroganza per  convincere e creare consenso. Per questo, credo, Brown mette in luce – nel “disorientamento” generale, fra la malinconia della sinistra per un lutto non elaborato ed i movimenti antipolitici – come  il nostro presente «sfreccia verso il futuro senza riguardo per i bisogni», cancellando con indifferenza il passato, con la conseguente necessità di una critica e consapevolezza politiche sempre più capaci «di mobilitare»  la storia, anziché «sottomettersi a essa».

Wendy Brown, La politica fuori della storia,  a cura di Paola Rudan, traduzione di Amanda Minervini, Laterza Roma.Bari 2012,  206 pagine, 19 euro

Recensione di Ida Dominijanni

Intervista a Wendy Brown di Ida Dominijanni

Jarmila Očkayová, Occhio a Pinocchio, Iannone Isernia 2006, 190 pagine 12 euro

Judith Fetterly, The Resistent reader. A Feminist Approach to American Fiction,  Indiana 1981, Indiana University Press

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