Mostre/ La strada gialla di Veza Canetti

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Ancora un’autrice scoperta e riproposta, rivissuta, quasi, da altre donne, come è stato per Mary Wollstonecraft, Mary Shelley, Emily Dickinson e quante, e sono davvero tante, devono la loro esistenza nella storia e il riconoscimento del loro valore al movimento delle donne.

Veza (Veneziana Taubner-Calderon, nata a Vienna nel 1897 , sposata a Elias Canetti e ricordata come Veza Canetti) fu scrittrice; oggi sempre più apprezzata e amata, ma in vita quasi ignorata e completamente offuscata dall’ombra del marito, premio Nobel nel 1981. Le sue opere furono consegnate da Elias Canetti per la pubblicazione solo nel 1990, 27 anni dopo la sua morte avvenuta a Londra nel 1963. Fu così conosciuta per la prima volta Die Gelbe Strasse, La strada gialla, il romanzo dedicato alla strada dove si commerciavano pellami nel quartiere ebraico di Vienna, oggi, Ferdinanderstrasse, dove si sono svolte per una settimana, dal 6 maggio, le celebrazioni in suo onore all’interno del festival Vezalebt.

Una piccola via dove Veza abitò qualche mese, accanto alle grandi colonne spezzate che ricordano il luogo dove fu demolito il tempio ebraico nel 1938 ad opera dei nazisti, episodio di cui Veza fu testimone, come racconta ne Le tartarughe. Qui, alla presenza del segretario del partito socialista che ne ha ricordato la militanza politica,  di delegazioni ebraiche (Veza era ebrea sefardita e riuscì a fuggire da Vienna a Londra con Elias nel 1938), di autorità varie e di artisti di ogni genere, è stata posta una targa, opera di una giovanissima e straordinaria artista della poesia visiva, Eva Wassertheurer, che riporta una frase tratta da La strada gialla: «La verità è uscita fuori».

Frase difficilmente traducibile in italiano non solo perché idiomatica, ma soprattutto perché poetica. La verità è uscita fuori, come il latte dal pentolino, per dire che Veza è stata scoperta, sì, ma di lei non sappiamo quasi nulla. Veza fugge via come il latte o l’acqua rovesciata, rimane un mistero.

La curatrice del Festival, grande organizzatrice di eventi, Gertrude Moser-Wagner, che nel 2006 ha attraversato Vienna partendo dall’Accademia delle Arti per arrivare a quella delle Scienze, passando per i luoghi della vita di Veza, tenendo per le briglie un cavallo bianco, si è interrogata sulle ragioni del suo mutismo, sul suo annullamento, sulla sua autosvalutazione nei confronti del marito che a sua volta la sottostimava come scrittrice, sulla sua morte, forse per suicidio. Da allora ha continuato a lavorare indefessamente, chiamando a raccolta  letterati, artisti, storici e politici per dare a Veza il dovuto riconoscimento: il festival è solo il momento finale di anni di studi e ricerche.

Gli artisti invitati hanno analizzato e riproposto le sue opere con letture, performances, poesie, canzoni e musiche, disegni, fotografie, grafiche, collages, video e quanto è possibile nel mondo delle arti oggi.

Sono così stati rivissuti quasi dall’interno i terribili protagonisti delle storie (vere) di Veza, gli individui cattivi, privi di pietà e nemici degli altri,  che compaiono nei romanzi La strada gialla, Le tartarughe, La pazienza porta rose e nella pièce teatrale L’orco.

Di notte, su una casa sopra al piccolo parco a lei intitolato, è comparsa la scritta luminosa Veza attraversata da due righe gialle, opera di Gertrude-Moser Wagner e di Natalie Deewan, a significare la perdita, la cancellazione e al tempo stesso la strada gialla e la sua sopravvivenza.

Tra le tante manifestazioni, troppe da elencare, vorrei ricordare la performance di Szusanne Balla che, in una giornata piovosa, con tacchi di altezza vertiginosa, ha camminato su pochi centimetri piani in cima a uno scivoloso pendio lungo il Danubio con il rischio di cadere tra le macchine, così che la esemplificazione della difficoltà e assurdità della vita di Veza e delle donne in generale si trasformava in vero e proprio disagio fisico degli astanti. E, ancora, lo spazio dedicato, nella Sternstudio E, ancora, lo spazio dedicato, nello Sternstudio , alla mostruosità, alla donna-mostro, come compare nei racconti di Veza. Woman as a monster è stato il tema delle due artiste non austriache invitate. Isabel Czerwenka – Wenkstetten ha proposto il tema-tabù dell’allattamento, offrendo il proprio latte di madre alla figlia, a se stessa e ai presenti che non hanno potuto accettarlo,  figuradi moglie-madre oblativa quale Veza era stata.

 

E Carla Sanguineti, la sottoscritta, rifacendosi alla realtà culturale del tempo di Veza, impregnato di  fisiognomica , di teorie lombrosiane  e eugenetiche, usate poi dai nazisti per la loro politica della razza, ha proposto figure di infanticide e matricide, di autrici di stragi tabù attraverso specchi in cui il volto di chi guarda vede sempre anche se stesso. Per fare i conti con l’oscurità che ci attraversa tutti.

Le celebrazioni continuano a Vienna dove si aspetta l’autorizzazione del sindaco per lasciare permanente la scritta Veza con le due strisce gialle, opera di Gertrude, illuminata ogni notte

Vezalebt, dal 6 maggio al 12 giugno, curatrice Gertrude Moser-Wagner, Vienna

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