Il colpo d’occhio, entrando nella sala, toglie letteralmente il fiato. Due donne nude, magnifiche e inaccessibili sulle loro tele, si impadroniscono di tutta la scena e rapiscono l’attenzione anche dei più distratti. A destra, imponente, bionda, i capelli ricci in parte sciolti, in parte acconciati in una casta treccia, la Venere di Urbino diTiziano (dipinta nel 1538, misura 165 centimetri per 119 di altezza). È languida, sontuosa, ti accarezza con uno sguardo pudico, come maliziosamente pudico è il gesto della mano con cui si copre il pube. Alla sua sinistra, Olympia, di Édouard Manet, nella stessa posizione di Venere, senza abiti, un grosso fiore nei lisci capelli scuri, ti guarda invece spavalda, dritto negli occhi. Anche questa tela è ampia (misura 130 x 190 cm) circa come quella di Tiziano, che Manet copiò al Louvre nel 1856. La dea e la prostituta, affiancate, si fronteggiano senza degnarsi di uno sguardo. Quanto diversa è la femminilità che ci raccontano?
I due quadri sono ora nel Palazzo Ducale di Venezia, dove resteranno fino al 18 agosto in occasione della mostra Manet. Ritorno a Venezia, accanto a una ottantina di opere provenienti da tutto il mondo. L’idea – accostare alle opere del pittore francese alcuni quadri di artisti italiani di diverse epoche cui si è ispirato (Tiziano, ma anche Lotto, Carpaccio, Longhi) – affascina pure una semplice visitatrice come me e fa comprendere meglio un artista che in vita vendette ben pochi quadri e fu demolito dalla critica.
Torniamo a Olympia. Uno scandalo, quando fu esposta all’annuale Salon degli artisti, nel 1865. Manet si difese sostenendo di aver attualizzato il dipinto di Tiziano, i giudici lo relegarono in un angolo nascosto della sala. Oltretutto l’indecente ragazza, scrivono unanimi i critici, ha uno sguardo di sfida. Oltretutto: e tuttora lo scrivono di lei. A me è parso lo sguardo coraggioso, anche sfidante, sì, ma venato di tristezza, di una giovane donna consapevole di rappresentare un cattivo esempio. Ai suoi piedi, calzati di ciabattine eleganti, Olympia ha un minuto gatto nero (si vede con qualche difficoltà contro lo sfondo scuro), anche lui eretto sulle quattro zampe, che guarda il visitatore. Simbolo streghesco di lussuria? Accanto alla giovane dalla carne bianca, una cameriera di colore porge un mazzo di fiori. Di un cliente?
Tutt’altra atmosfera nella bionda Venere di Tiziano, che cela una malizia così contenuta da non notarsi quasi. Non almeno qui, accanto alla bruna Olympia. Intanto la luce entra anche dalla finestra sul retro. In mano la dea ha un mazzo di rose rosse, ai piedi un rassicurante cagnolino che dorme, simbolo di fedeltà. E sullo sfondo due ancelle stanno tentando di trovare un abito per coprirla: una, vestita di rosso, ne ha già uno buttato sulla spalla, l’altra – in ginocchio – sembra cercare con un certo affanno qualche panno per vestire la propria padrona. Tiziano dipinse una Venere impudica. Era un personaggio mitico, ma pare una donna in carne e ossa: il materasso in vista, le cassapanche, le ancelle, collocano la dea in un’ambientazione domestica, umana. Pare infatti che il quadro dovesse servire a istruire la giovane moglie inesperta del duca di Urbino Guidobaldo della Rovere: per questo la nudità è però mitigata dal cane fedele, dalla perla all’orecchio, simbolo di purezza, dalla composta malia avvolgente dello sguardo. Diversa la nascita del quadro che ritrae Olympia, fin nell’intenzione: pare infatti sia ispirata alle prime fotografie pornografiche che giravano a Parigi già a metà Ottocento.
P. S. Come molti di voi già sapranno, Manet non riprodusse solo la Venere di Tiziano, da giovane eseguì spesso delle copie, come del resto faceva Berthe Morisot, l’amica pittrice conosciuta nel 1868. Berthe, secondo la bella biografia romanzata Una donna in nero di Brunella Schisa, lo amava tanto da essere gelosa quando sceglieva altre modelle oltre a lei. Poi sposò il fratello, Eugène Manet, continuando però la propria carriera di pittrice e fu l’unica donna a esporre, nel 1874, alla prima mostra degli Impressionisti. Lui, che era già sposato, ricco, mondano e pure un seduttore, non si sa se l’amasse: la dipinse però undici volte, spesso vestita di nero, allusiva, sensuale, molto femminile. Qui a Venezia potete ammirarla in varie tele e cercare nei suoi occhi scuri, a loro volta sfidanti e interrogativi, altre tracce di una donna particolare. Coraggiosa come Olympia, languida come Venere.
Manet. Ritorno a Venezia a Palazzo Ducale fino al 18 agosto 2013, Orari: da domenica a giovedì, dalle 9.00 alle 19.00 – venerdì e sabato, dalle 9.00 alle 20.00 Call center: +39 041 8520154 Biglietto intero: € 13,00 Biglietto ridotto: € 11,00
Progettata con la collaborazione del Museé D’Orsay di Parigi e coprodotta con 24Ore Cultura Gruppo 24Ore
La mostra curata da Stéphane Guégan e fortemente voluta dal presidente del Museo D’Orsay Guy Cogeval e dal direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli, si è avvalsa per l’allestimento del percorso espositivo dell’architetto Daniela Ferretti . 80 le opere in mostra, Catalogo Skira
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