Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista, apicoltrice, tra le ideatrici dello Sciopero delle donne, è l’autrice di Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio, prezioso testo che raccoglie le numerose esperienze delle femministe nate a partire dagli anni ’70, bambine all’epoca in cui molte donne diedero vita alla rivoluzione che ha segnato storicamente un punto di non ritorno.
Il libro nasce dalla raccolta di volantini, mail, documenti, ricordi, interviste, appunti, riguardanti quei contesti femministi che dal 2000 ad oggi «non hanno fatto notizia» nonostante la rilevanza dei temi toccati, e che, grazie allo sguardo ed alla partecipazione di Barbara, trovano ora la giusta visibilità.
L’autrice attraversa con curiosità e passione i diversi luoghi animati dalle donne con l’intento di farne patrimonio comune. Il testo si articola come l’archivio affettivo e politico di Barbara che prende chiara posizione contro certo femminismo moralizzatore, catalogante le donne in perbene e permale, a cui va ricordata l’importanza del liberatorio slogan «né puttane né madonne finalmente solo donne».
Bonomi Romagnoli inizia la sua narrazione dalle lotte del Comitato per i diritti civili delle prostitute: «la prostituzione è uno dei grandi nodi irrisolti del dibattito nei movimenti femministi e femminili» perché al centro pone il complesso legame tra l’uso del proprio corpo e lo scambio sessuale-economico. Per un confronto rispettoso delle differenze è necessario riconoscere che «l’autodeterminazione è soggettiva, non deve essere imposta dalle altre», ognuna è in grado di scegliere il percorso più autentico per sé.
La rete dei femminismi del nuovo millennio ha il suo inizio simbolico a Genova nel 2001, con il convegno «Punto G: genere e globalizzazione», dove in tante ci troviamo un mese prima del vertice dei G8, e «discutiamo dell’ordine sentimentale della globalizzazione, ossia di come gli intrecci economici, culturali, politici e tecnologici influenzano la vita quotidiana delle persone, le loro relazioni e le loro emozioni». Con che lungimiranza si parlò dell’allora futura crisi, di precarietà delle esistenze e della necessità di forme di resistenza collettiva.
Alcune delle «parole chiave dei femminismi, dall’autodeterminazione alla libertà di scelta, dal partire da sé e dai propri desideri al rispetto per le differenze» transitano da Genova al resto della penisola negli anni successivi. Si trovano nei collettivi e nei convegni che si occupano di tecnologia, laicità, riproduzione assistita, precarietà, migrazioni, sessualità, ecologia, comunicazione, queer, intercultura. Al centro di pratiche, riflessioni, mobilitazioni molto spesso c’è il corpo, «le sfumature dei corpi che abitiamo», la necessità di rompere gli schemi normativi e mercificanti, per liberare l’immaginario «che bisogna riconnettere alle infinite forme del desiderio» per dirla con le parole delle Sexyshock.
Le femministe del nuovo millennio non solo si incontrano alle arricchenti scuole estive, da Raccontar(si) alle Giacche lilla, non solo sperimentano identità sessuali liberate dal genere come ai laboratori delle Ladyfest, ma, quando ci vuole, scendono in piazza, rumorose, numerose, autoconvocate e con parole radicali. E’ accaduto a Roma il 24 novembre 2007, quando attraverso la rete Sommosse siamo scese in corteo a migliaia «per affermare senza giri di parole che la maggior parte delle violenze avviene in ambiti domestici e nelle relazioni di coppia, dove il rapporto di potere tra i sessi continua ad alimentare i paradigmi della cultura patriarcale. Per ricordare che la maggioranza delle aggressioni accade per mano di padri, fratelli, mariti, fidanzati, cugini o ex. Ripetendo fino alla noia che la violenza non ha confini e attraversa i continenti, le religioni, le etnie, e i generi». «L’assassino ha le chiavi di casa» è l’azzeccato slogan della manifestazione che sposta il problema della violenza dalla sfera privata a quella politica, ponendolo come urgenza sociale e rifiutando misure securitarie e razziste per fingere di risolverlo.
Tutte queste tematiche e mobilitazioni fanno parte degli emozionanti archivi femministi del presente che Barbara delinea con cura, tracciando una sorta di «autoritratto di gruppo» della nostra generazione di quaranta-trentenni, che non intendono perdere «l’azzardo di osare, di continuare ad essere quel soggetto imprevisto che ha fatto irruzione nella solita Storia raccontata da altri e che non ha mai tenuto conto delle nostre storie, di donne irriverenti e libere».
Attraverso relazioni, reti, affetti e conflitti si può «rimettere in campo il progetto visionario, l’idea strampalata eppure fertile dell’utopia femminista». Così come stanno facendo a L’Aquila quelle che si battono per avere un Casa delle donne.
Dopo il violento terremoto che il 6 aprile del 2009 ha scosso violentemente la città, nasce l’associazione Donne TerreMutate che insieme ad altri gruppi denuncia il controllo sulla popolazione sfollata e concentrata nei campi, la corruzione, la sospensione di diritti democratici, l’assenza della politica se non per passerelle propagandistiche, la mancata e colpevole ricostruzione della città. Le TerreMutate agiscono per «elaborare collettivamente il lutto materiale e spirituale e per mettere al centro della politica delle donne un trauma che chiama in causa il pubblico e il privato, il personale e il politico». Barbara riconosce nel loro linguaggio «e nei loro modi di fare la nota femminista del partire da sé, una appartenenza comune per ripensare la convivenza, per gettare ponti tra le rovine, per ricostruire senza cancellare le tracce e far parlare quel che rimane». La resilienza di queste donne, la forza e la potenza che sanno esprimere in condizioni di estrema vulnerabilità, indicano la strada percorribile nelle tante situazioni spaesanti che tocca vivere tra crisi incalzante, invasiva precarietà, interminabili guerre: «eravamo tutte sperdute e disorientate, ma sapevamo dove volevamo andare».
Oggi, autodeterminazione significa partire dai propri desideri, praticando una libertà di scelta anche là dove sembra non esserci. Queste parole chiave, appartenenti al lessico femminista, «sono il seme che genere ribellione creativa, sovvertimento dell’ordine prestabilito, trasformazione radicale dei rapporti fra sessi e generi».
«Le donne in movimento del nuovo secolo» -osserva Lidia Campagnano nella prefazione- «sembrano aver raccolto l’eredità di una pretesa, quella nientemeno che cambiare la vita di tutte e tutti a “partire da sé”.[…] E se da un lato le loro parole spiegano e indicano l’enormità di un dissesto sociale, morale, politico, dall’altro incarnano la tenacia con la quale una parte di umanità, sempre, insiste nel volersi cercare, nel volersi plasmare, nel voler scegliere lo stile di vita in libertà, pensandolo, contro venti e maree».
Barbara Bonomi Romagnoli ha svolto un accurato lavoro di raccolta e tessitura di numerose realtà femministe, una ricostruzione in presa diretta che salva dall’oblio e dalla fugacità, non solo del web, tanti importanti percorsi politici. Un testimonianza partecipata che arricchisce la storia dei movimenti femministi, con l’auspicio che il seme dell’irriverenza ci accompagni ancora a lungo.
E’ con te donna…
grazie per questo giorno bisolare
nel quale abbiamo scoperto
che iniziare a lottare è iniziare a vivere,
grazie per questa giornata
che insieme abbiamo vissuto
amandoci, con le braccia strette
ai nostri fianchi negati
ascoltando l’eco sovversivo della parola
compañera.”
(Mariana Yonusg Blanco, “Con te”)
*
Barbara Bonomi Romagnoli, Irriverenti e libere. Femminismi del nuovo millennio, Editori internazionali riuniti, 2014, 224 pagine, 16 euro
Leggi il sito di Barbara Romagnoli
Recensione di Maria Dolores Lupi
Recensione di Clotilde Barbarulli
Recensione di Giovanna Romualdi
Mariana Yonüsg Blanco, Io nasco donna e basta, La Piccola editrice, 1991, 157 pagine, 8 euro (ebook)
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