Il gelo degli affetti

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_168Due donne, Dorina e Angela, sono le protagoniste del nuovo romanzo di Emilia Bersabea Cirillo. Si incontrano inaspettatamente nel cortile del carcere di un paese della provincia del Sud, dove Dorina lavora come cuoca e Angela sconta una pena detentiva per aver ucciso una donna. Erano cresciute insieme in orfanotrofio, simili nella loro condizione di orfane, ma diverse per carattere e per destino. Da quel luogo freddo ma comunque protetto Angela era uscita presto per essere adottata, con poco amore, mentre Dorina era rimasta con le suore fino al compimento del diciottesimo anno d’età.

Entrambe, ma ciascuna a proprio modo, hanno cercato di costruirsi una vita e di dimenticare il gelo degli affetti: Dorina ha scelto di diventare cuoca, ha un marito e una figlia, mentre la vita di Angela ha seguito vie più tortuose e disperate. L’incontro casuale dà l’avvio a una catena di ricordi che bruciano ancora per entrambe, tenuti a bada ma mai del tutto addomesticati. Riemergono rimorsi e rimpianti, insieme al fantasma materno: Dorina non sa chi sia la madre, è stata abbandonata lì dalla nascita e non può che fantasticare intorno a quella presenza –assenza, mentre per Angela il corpo materno rappresenta un nodo da tagliare via, da cancellare. Ma come spesso accade, l’innesco della memoria lavora sul presente, lo erode e lo ridefinisce. E così Dorina riesce a capire cosa non ama più della propria vita, e cosa desidera davvero per sé oltre il dover essere moglie e madre; per Angela l’amica ritrovata incarna lo strumento attraverso il quale tornare a decidere di sé stessa, se pure attraverso un gesto estremo.

Sulla scena agiscono molti personaggi, soprattutto femminili, la suora che più è stata vicina a Dorina e che custodisce il segreto della sua nascita, la suocera e le compagne di lavoro; figure che come un coro greco scandiscono le scene della rappresentazione e ne accompagnano l’evolversi verso l’epilogo. Ma si tratta di figure molto diverse tra loro, così come lo sono le due protagoniste, e sembra che disegnando queste molteplici diversità la scrittrice voglia metterci in guardia nei confronti di una rappresentazione troppo stereotipata del femminile.

A me sono rimaste dentro due sensazioni molto forti, terminata la lettura: la grande fatica del costruirsi la vita, che a volte può anche non essere ricompensata dal risultato, come dice Dorina: “La vita è solo questione di sorte, come sei nato. Non basta quello che fai o non fai. La fortuna, la buona stella, va a caso”. E a dirlo è proprio lei, che tra le due è quella che si salverà grazie al proprio non arrendersi al presente. La seconda sensazione è legata al freddo richiamato non a caso dal titolo; quello dei sentimenti e degli affetti, simbolicamente sottolineato dalla nevicata che incombe minacciosa sul paesaggio e condiziona la quotidianità durante i giorni in cui si svolge la storia, e quello patito dalle piccole orfane che riaffiora nel ricordo di entrambe e continua a perseguitarle nel presente: Angela in cella ha sempre freddo, e l’amica le farà avere un maglione caldo; per Dorina che ripensa ai suoi faticosi rapporti con il marito la scrittrice costruisce un’immagine significativa: “Negli anni il desiderio si è spento, come se le avessero gettato palate di neve sul corpo”.

In tutto questo gelo si apre una finestra di calore, attraverso il ricordo di un piatto meraviglioso del convento, che Dorina ripesca dal vecchio quaderno di ricette di Suor Ermelinda e preparerà in carcere per Angela: le melanzane al cioccolato. Questo gesto l’aiuta a riscoprire la sua vera passione per la buona cucina, e insieme rappresenta l’ultimo dono e il definitivo commiato da Angela e dal loro passato. Un dono anche per quelle tra noi lettrici che amano cucinare.

 

Emilia Bersabea Cirillo, Non smetto di avere freddo, L’Iguana Editrice, Verona 2016, pagine 341, 16 euro

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