L’esodo è la cifra di ogni scritto di Anna Maria Mori, nata a Pola, allora capoluogo dell’Istria italiana: anche qui quel periodo ed in particolare le foibe, ricordate comprensibilmente con dolore, richiederebbero una riflessione più ampia legata ai documenti e alla Storia, come scriveva (il manifesto 1996) Rossana Rossanda in polemica con Luciano Violante, rievocando “quattro anni di guerra di guerriglia” resa guerra civile dal variare del fronte, che semina odio per i massacri da parte di italiani fascisti e di collaborazionisti, alimentando un clima favorevole a vendette generalizzate. Ricordare è, come sempre, un atto complesso che si pone fra realtà e immaginazione, tra i fatti e l’altrove, nella violenza della Storia. Ma – oltre al nodo politico – l’interesse del libro è dato dalle cose che, nella seconda parte, raccontano la «prima vita, resa invisibile e muta»dopo lo strappo.
Anna Maria Mori, che si rivolge agli esuli di ieri e di oggi, ritiene che le cose comunque «continuano a vivere» anche se in particolare le case, con i corpi che le abitavano, perdono qualcosa che chiama «anima». Perciò le cose – come già nel libro dell’autrice francosenegalese Fatou Diome Kétala, dove addirittura discutono per risignificare l’esistenza della giovane defunta in un “discorso di ricordo” (Roland Barthes) – parlano al posto delle persone ormai lontane. Mori in un’intervista narra di aver «serrato» il periodo della «cessione dell’Istria all’Jugoslavia di Tito» in un angolo della coscienza, perché non riusciva a decifrare ciò che aveva sofferto da bambina. Così, rievocati i familiari, è la casa a presentarsi: «cose e persone le sento e le vivo come la mia anima. Respiro con loro. Rido con loro», rammentando, dopo un periodo felice, l’improvviso trasloco, la solitudine. Le cose, antropomorfizzate, coinvolgono chi legge in un movimento perturbante, perché sfugge alle usuali rappresentazioni della realtà e conduce fra gli oggetti stessi, nella fluidità del loro narrare. Il volume ospita uno scritto di Nelida Milani – restata a Pola, ora scrittrice della minoranza italiana in Croazia – Dentro le mura, dove la casa diventa inoperosa, resa malinconica dalla nostalgia degli antichi proprietari: nello squarcio offerto del 1947 relativo agli espropri degli alloggi, l’abitazione infatti diventa testimone di una famiglia che in parte si disperde, in parte resiste nella casa occupata, sempre più erosa dai vincitori.
Fra le scrittrici segnate da una cesura esistenziale, Toni Maraini, nel lasciare da bambina il Giappone dopo l’esperienza di un campo di concentramento, prova un dolore che sembra indicibile, ma col tempo decide di assumere la condizione di migrante come ultima utopia di un mondo che si contrae sempre di più. Per María Zambrano l’esilio dalla Spagna franchista è il deserto, ma è anche la libertà, luogo della scoperta: sono le parole che diventano paese, sembra aggiungere Hélène Cixous. Tuttavia per Anna Maria Mori lo sradicamento è un dolore persistente, perciò la scrittura, anche se necessaria alla memoria, non lenisce, né ricompone. Racconta di non riuscire ad appartenere né alla città in cui vive da quarant’anni, né al lavoro né ad un partito: patisce l’esilio dopo anni con la stessa violenza di allora. Per questo mette in rilievo il tentativo di mantenere i pochi mobili rimasti, per questo enfatizza gli oggetti smarriti, perduti nel tempo, dalla macchina a cucire a pedali Necchi, alla «collezione dei dischi in vinile …con la famosa etichetta del cane che ascolta un grammofono». Le cose sono l’elemento materiale al quale il ricordo si aggrappa per ritrovare immagini di intimità protetta (Gaston Bachelard). La radicalità dell’esperienza del dolore rende il tempo come pietrificato in un eterno presente, un “dopo” che non si lascia cogliere nel suo slancio vitale: ci sono nostalgie sognanti e nostalgie strazianti in un desiderio lancinante di luoghi: si rimpiange qualcosa che non è solo la patria perduta, ma che è «radicato negli abissi dell’anima ferita» (Eugenio Borgna), e che diventa parola nello spazio della narrazione.
Anna Maria Mori, L’anima altrove, Rizzoli Milano 2012, pp. 215, euro 17,50
Fatou Diome Kétala, Flammarion Paris 2006
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