Madri nostre che siete nei cieli

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la-passione-di-una-figlia-ingrata-L-hY_mVNCome è noto esiste una sorta di predisposizione di tutto a scomparire. Per quanto sia difficile da accettare, rientra nell’ordine naturale delle cose. Questa vocazione a durare si placa immancabilmente entro un tempo che non sappiamo, con la sparizione di ciò che prima c’era. Ma la pacificazione nostra, nonostante la scomparsa di una persona, di un legame, di un sentimento non coincide quasi mai con quel repentino venire a mancare.

È in questo modo che la vita ci inizia alla possibilità di un dialogo con l’invisibile che a volte serve a elaborare un lutto vero e proprio, altre ci costringe a affrontare una forma più subdola di scomparsa dell’altro dal nostro orizzonte. Questo accade ad esempio quando il corpo rimane ma la persona svanisce davanti ai nostri occhi, nei meandri di una malattia che la traspone, cancellandola, nonostante rimanga in vita. È precisamente il racconto di questo interregno sospeso tra madre e figlia che Gilda, la protagonista de La passione di una figlia ingrata, si sforza di narrare col fine di vincere soprattutto lo sconcerto che un’esperienza di questo genere  comunica.

Il libro di Saveria Chemotti è scritto in prima persona col piglio di quelle narrazioni autobiografiche che costringono lettrici e lettori a un rispecchiamento cui è difficile sottrarsi. L’epoca in cui ci si trova a assistere le propria madre, come fa la figlia protagonista di questo romanzo, prelude spesso a una vera e propria cerimonia iniziatica in cui l’istinto di conservazione e di resistenza che ci ha reso adulte si scontra col naturale deperimento di ciò che ci ha originato. Tuttavia la storia di Gilda è una storia particolare perché l’origine con cui la protagonista fa i conti, nell’ambito di questa cerimonia officiata dalla scrittura, è duplice: quella naturale, costituita da sua madre, rapita giorno dopo giorno dalla demenza senile e quella acquisita, rappresentata dal ricordo indelebile di una nonna, madre adottiva di quella stessa madre che Gilda sta assistendo.

In questo libro, duplice e contraddittoria è anche la via che prende l’affetto di una figlia quando questo è conteso tra due madri: una naturale, ossia la donna distante e quasi sconosciuta che ha generato Gilda, e una elettiva, la nonna che sebbene non sia consanguinea, Gilda da bambina ha scelto per rappresentarsi la sua origine. Sono molto diverse queste due madri ma in un certo qual modo necessarie entrambe, nonostante una delle due, quella vera, abbia sempre mantenuto il segreto su se stessa, e l’altra lo abbia dilapidato attraverso tutte quelle meravigliose elargizioni che possono essere immaginate da una vera nonna verso la sua vera nipote.

Gilda studia perché è la nonna che si impone ai genitori perché questo avvenga. È la nonna che spiega a Gilda come deve pregare: “Madre nostra che sei nei cieli …” pregano ogni sera nonna e nipote infischiandosene dei rimproveri del parroco. È la nonna che si denuda davanti alla nipote, non solo simbolicamente, per fare capire a Gilda che la bellezza di una donna è testa e corpo tutto insieme, prendere o lasciare. Ciò accade mentre della mamma Gilda sa poco o niente, non perché non ci sia ma perché non si spende, non si dà alla bambina, essendosi data in esclusiva al suo sposo e a sua volta alla  macerazione per una madre che l’ha abbandonata e che non vedrà mai più.

Quello che la scrittura di Saveria Chemotti officia è dunque una cerimonia che può avere luogo solo a posteriori. Assistendo la madre nell’ultima fase della sua vita, quando già la malattia ha sollevato l’esistenza dell’anziana donna della maggior parte dei suoi fardelli ma anche dei suoi frutti, la madre di Gilda rivive parossisticamente situazioni del passato che hanno segnato il limite di una sopportazione silenziosa di cui la figlia era rimasta all’oscuro. Così la protagonista finalmente viene a conoscenza di circostanze a lei sconosciute che invece la riguardano intimamente, anche se Gilda ha sempre imputato alla nonna e non alla mamma un ruolo centrale nelle vicende della sua vita. La nonna è una figura esplicita, forte, sicura, una che consente un rispecchiamento più facile meno ostico e spaventoso per una giovane donna, piuttosto che una madre forgiata dall’abbandono e dal lutto e mantenuta in vita dall’amore indiscutibile e esclusivo per un uomo, sebbene quell’uomo sia il padre di Gilda.

Così Gilda nella prima parte della sua vita sceglie la nonna come riferimento. Tuttavia sbaglia uomo, si sposa con uno che in tutta evidenza non è la persona giusta per lei, iniziando da subito la sua espiazione, la sua passione appunto, che non termina quando incontra  e poi perde l’amore vero, o quando si ammala gravemente e poi guarisce, ma termina quando, riconoscendo a sua madre l’ultimo grado di fragilità prima della scomparsa, ritrova tutto il suo esserle figlia.

Infine il dialetto gioca un ruolo importantissimo in questa vicenda. La nonna parla alla nipote solo in dialetto e questo ce la fa immaginare in tutto il suo essere figlia delle montagne trentine e di un’epoca scomparsa in cui la lingua delle madri nasceva dalla terra in cui si trovavano da generazioni e serviva a chi veniva dopo, come un supplemento di appartenenza quando il necessario, per qualche oscuro accidente, veniva meno prima del tempo o non ci sarebbe stato mai.

 

Saveria Chemotti, La passione di una figlia ingrata, L’iguana editrice, 2014

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