Comunicato della Società Italiana delle Letterate sulle nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo d’istruzione

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La Società Italiana delle Letterate esprime forte preoccupazione per le nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo d’istruzione che rappresentano per molti aspetti un arretramento rispetto al documento programmatico del 2012. Il testo si discosta dalle riflessioni linguistiche di Tullio De Mauro e del Giscel, che avevano evidenziato la natura dinamica e in continua evoluzione della lingua sottolineando come il possesso della stessa fosse un requisito fondamentale per la partecipazione alla vita democratica. La scuola si profilava dunque come istituzione principale che aveva il compito di fornire al corpo studentesco strumenti linguistici adeguati per esprimersi e comprendere il mondo. Di seguito si evidenziano le principali criticità dei Materiali per il dibattito pubblico relativi alle Nuove indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione:

 

  1. Concezione della lingua e della letteratura italiana.

 

  • Si propone una visione della lingua legata all’identità nazionale, trascurandone la dimensione polifonica e plurale e ignorandone la varietà linguistica interna, che comprende dialetti, lingue di minoranza e diverse forme espressive. Una pluralità di voci e di registri che la scuola pubblica non può sacrificare in nome di una visione ideologica e astratta lontana dalla realtà della lingua italiana scritta e parlata oggi.
  • Viene trascurato il lavoro di ripensamento del canone letterario volto a valorizzare voci marginalizzate. Come Società italiana delle Letterate sappiamo che il concetto di tradizione dipende da chi utilizza la lingua come strumento d’enunciazione del proprio potere. Il lavoro più che decennale che abbiamo portato avanti su categorie quali l’oltrecanone e le personagge, ci ha condotte a importanti momenti di condivisione con le didattiche della e per la scuola, nel tentativo di rinnovare e trasformare i curricula scolastici dei vari ordini e gradi. Ci avvilisce vedere che non v’è traccia di questo lavorio di riscrittura della tradizione in una prospettiva aperta alla presa di parola di tutte le soggettività oppresse.
  • La scuola dovrebbe essere un “cantiere della parola”, dove le persone studenti sviluppano un lessico ampio e articolato, indispensabile per il pensiero critico e il dibattito pubblico e non il luogo della mera trasmissione.
  1. Introduzione del latino nella scuola media
  • Istituendo il latino come disciplina a parte e anticipandolo al grado di scuola inferiore, paradossalmente si riduce il tempo dedicato allo studio della letteratura contemporanea e alla riflessione critica sulla lingua. Inoltre ricordiamo come il lavoro sulla dimensione metalinguistica poteva prevedere già riferimenti importanti alla lingua latina senza richiedere l’istituzione del latino come ambito di studio separato che rischia di rendere l’intero processo di apprendimento relativo all’asse linguistico meno accessibile e selettivo.
  1. Studio della Bibbia nel percorso scolastico
  • Pur presentata come riferimento culturale e letterario, l’inclusione della Bibbia nel curriculum non solo potrebbe accentuare uno sbilanciamento verso la tradizione cattolica ma interferisce con la conoscenza e l’approfondimento delle reali e molteplici radici culturali che innestano la storia linguistica e letteraria del nostro Paese, crocevia di popoli e tradizioni differenti nel cuore del Mediterraneo. L’indicazione della Bibbia come fonte letteraria – laddove è già previsto un ambito separato e dedicato, costituito dalle ore di insegnamento della religione cattolica – erode e offusca la conoscenza effettiva del passato e rischia di impoverire la complessità e la ricchezza della nostra storia letteraria. L’assenza di una prospettiva realmente interculturale inoltre mina l’apertura e  la reale valorizzazione della diversità religiosa e culturale.
  1. Educazione civica e approccio nazionalistico
  • Sebbene si ponga attenzione a Costituzione, legalità e sostenibilità ambientale, il rischio è che questi temi vengano trattati in una prospettiva nazionalistica e in un’ottica securitaria. La mancanza di un’apertura internazionale impoverisce la formazione delle nuove generazioni rendendole impreparate alla complessità delle società future e il richiamo continuo alla regola come misura dell’imparare e dell’agire va in senso contrario rispetto ad alcuni principi costituzionali come la libertà d’espressione e la libera manifestazione del proprio pensiero.
  1. Educazione di genere
  • Il testo propone un’idea di complementarità tra i generi semplificatoria senza affrontare la necessità di decostruire gli stereotipi che ne derivano. Non viene riconosciuta la pluralità delle identità di genere e delle esperienze affettive e sessuali possibili rinforzando così un modello eteronormativo assolutamente distante non solo dal presente, ma anche dalle molteplici esperienze narrate e restituite nella storia letteraria.
  • Il lavoro delle nostre fondatrici, tra cui vogliamo ricordare Liana Borghi, ha posto la necessità di uno sguardo ampio sulla letteratura per ridefinirne i perimetri e le genealogie oltre i confini nazionali. Come non considerare l’impronta delle tantissime lingue madri parlate nelle nostre aule scolastiche sulla lingua italiana odierna ma anche sulla letteratura contemporanea? Autrici di origini e provenienze “altre”, da diverse generazioni attive e creative in Italia, stanno dando linfa alla nostra storia letteraria costruendo le scritture del futuro.
  1. Approccio alla grammatica e valutazione
  • Si enfatizza un apprendimento mnemonico e normativo della grammatica, trascurando la funzione comunicativa e creativa della lingua. La scuola deve invece valorizzare la parola come strumento di partecipazione e cittadinanza, offrendo alle persone studenti la possibilità di esprimere idee, sentimenti e opinioni in modo consapevole e sostenendo l’esercizio dello spirito critico e della capacità di dissentire.
  • Viene riproposto un modello di valutazione rigido e anacronistico che rischia di allontanare la scuola dalla sua vocazione democratica. La valutazione, così come viene inserita, è contraria alla processualità del rapporto insegnamento-apprendimento: ritenere che la valutazione si profili come strumento per selezionare i talenti, per valorizzare i percorsi scolastici,  riporta alla visione della stessa come “egida” o “leva” da somministrare per premiare o censurare quando le ricerche pedagogiche degli ultimi dieci anni hanno sottolineato come la valutazione sia, soprattutto nei gradi inferiori di scuola, parte costitutiva del processo di apprendimento e si strutturi con una gradualità e una duttilità conformi alle caratteristiche evolutive proprie delle età considerate.

 

La Società Italiana delle Letterate invita a una revisione delle nuove Indicazioni Nazionali affinché la scuola possa realmente promuovere il dialogo interculturale, la pluralità linguistica e la formazione di nuove generazioni capaci di una cittadinanza consapevole e aperta al mondo.

 

Società italiana delle Letterate

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