Comunicato SIL Napoli sulla Palestina

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Come donne e letterate, sentiamo l’urgenza di testimoniare pubblicamente la nostra distanza dalle strategie militari del governo della destra israeliana di Netanyahu. Le guerre sono sempre un fallimento per l’umanità, sono la prova di una reale mancanza di dialogo tra i popoli. Rafforzano il militartipo patriarcale, le gerarchizzazioni e la repressione di ogni dissenso. Sospendono, quando non annullano completamente i meccanismi della democrazia. Considerano i corpi umani, e in particolare quello delle donne e dei bambini, al servizio dell’annientamento del nemico. Quello che sta succedendo a Gaza è intollerabile. L’esito finale della politica di Netanyahu sta diventando un genocidio, la cancellazione sistematica di un popolo, il progetto di annientamento della cultura palestinese, dei suoi saperi, della sua memoria, del suo stesso futuro. La distruzione sistematica di scuole, università, biblioteche, giornali, è parte integrante di questa strategia criminale. Quando non restano più archivi, documenti, prove, quando si spengono le voci e si cancellano le testimonianze, un popolo viene spinto verso l’oblio, privato della propria storia e dunque della propria esistenza. I bambini palestinesi sono al centro di una strategia lucida e spietata. I medici raccontano di corpi minuscoli colpiti alla testa e al petto. Cecchini che mirano deliberatamente a spegnere la vita prima ancora che possa cominciare. E tutto questo viene occultato sotto il velo opaco e complice di una propaganda che parla di “errori”, mentre siamo in presenza di attacchi mirati contro il futuro stesso di un popolo. Con lo stesso intento si colpiscono deliberatamente interi nuclei familiari, polverizzando case e vite. I bombardamenti, indiscriminati e continui, violano ogni principio del diritto internazionale. La progressiva deumanizzazione rende invisibili le vittime, cancellandone i volti, le storie, il dolore. Una propaganda martellante ne oscura l’umanità, distorcendo la realtà fino a soffocare ogni empatia possibile. Intorno a questa tragedia, i media occidentali spesso tacciono o distorcono, costruendo narrazioni falsate che confondono e offuscano le responsabilità. Il silenzio che avvolge Gaza e la Cisgiordania, nei paesi occidentali, non è neutrale: è un silenzio complice, che partecipa a un crimine non solo militare, ma anche politico, culturale e morale. Sotto la protezione dell’esercito israeliano, i coloni avanzano con feroce determinazione, sottraendo terre, cacciando e uccidendo chi da quelle terre proviene. È una lenta, crudele annessione che smantella intere comunità, le cancella dal paesaggio e dalla memoria, come se non fossero mai esistite. In questo scenario, la sistematica esclusione di artiste, artisti, intellettuali e letterate palestinesi da festival, premi e spazi culturali è un atto politico: silenziare chi resiste con la parola, isolare chi può testimoniare, negare al mondo l’ascolto diretto di chi subisce sulla propria pelle l’oppressione, obliterarne la natura di esseri pensanti, senzienti e creativi. Noi, donne e letterate, custodi di memoria e cultura, rifiutiamo la cancellazione sistematica di un popolo e della sua storia. Rifiutiamo il silenzio che diventa complice. A chi tiene alla dignità umana chiediamo di non restare indifferente. Di mantenere lo sguardo aperto, di non lasciare che la storia venga cancellata. Perché solo la memoria e la parola possono contrastare la cancellazione della storia. Contrastiamo la cultura dell’odio. Con la parola, resistiamo.

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